Messaggio di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio «Giustizia e pace»
«Dalla riduzione delle spese militari un fondo mondiale per lo sviluppo»
(Salvatore Mazza - Avvenire - 12/4/2008)
Preoccupato per «le tensioni e le guerre» che continuano ad attraversare il mondo, Benedetto XVI richiama l’esigenza di «un’azione comune sul piano politico, economico e giuridico» perché la pace possa affermarsi nel mondo. Tanto più urgente oggi quando «fenomeni come il terrorismo su scala mondiale rendono labile il confine tra la pace e la guerra, pregiudicando seriamente la speranza del futuro dell’umanità», e «la comunità internazionale sembra come smarrita». A una settimana dal discorso che pronuncerà davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, nel corso del suo viaggio in Usa, Papa Ratzinger è tornato ieri sulle sfide poste alla coesistenza tra gli uomini e le nazioni. Lo ha fatto nel Messaggio inviato al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in occasione del Seminario internazionale organizzato da quel Dicastero su «Disarmo, sviluppo e pace. Prospettive per un disarmo integrale » . Nel mondo di oggi, osserva il Pontefice fotografando la situazione del mondo attuale, «anche laddove non si vive la tragedia della guerra sono però diffusi sentimenti di paura e di insicurezza». Inoltre «nel mondo restano aree senza un adeguato livello di sviluppo umano e materiale», così che «non pochi popoli e persone sono privi dei diritti e delle libertà più elementari», e «anche nelle regioni del mondo, dove si registra un elevato livello di benessere, sembrano allargarsi sacche di emarginazione e miseria. Il processo mondiale di globalizzazione, se ha aperto nuovi orizzonti, non ha forse ancora apportato i risultati sperati ».
Certo, di fronte a tutto ciò «si potrebbe essere presi da un giustificato sconforto e da rassegnazione ». «Diffidenza» e «solitudine», scrive Benedetto XVI, sono i sentimenti che sembrano «prevalere» nelle relazioni internazionali, al punto che «una guerra totale, da terribile profezia, rischia di trasformarsi in tragica realtà». Se allora per superare questa situazione, «occorre certamente un’azione comune sul piano politico, economico e giuridico», ancor prima è per il Papa «necessaria una condivisa riflessione sul piano morale e spirituale». In particolare «appare sempre più urgente promuovere un 'nuovo umanesimo', che illumini l’uomo nella comprensione di se stesso e del senso del proprio cammino nella storia».
Se disarmo, sviluppo e pace sono elementi «interdipendenti », è altresì vero che «il disarmo non interessa solo gli armamenti degli Stati, ma coinvolge ogni uomo, chiamato a disarmare il proprio cuore e ad essere dappertutto operatore di pace». Allo stesso modo, «lo sviluppo non può ridursi a semplice crescita economica: esso deve comprendere la dimensione morale e spirituale». Dunque, osserva ancora Benedetto XVI, se «la guerra non è mai inevitabile e la pace è sempre possibile, anzi doverosa», questo è il momento «di cambiare il corso della storia, di recuperare la fiducia, di coltivare il dialogo, di alimentare la solidarietà», perseguendo la via di «un umanesimo integrale e solidale, nel cui contesto – è la conclusione del Papa – anche la questione del disarmo assume una natura etica e spirituale e l’umanità potrà camminare verso l’auspicata pace autentica e duratura».
Sicuramente «fino a quando sarà presente il rischio di un’offesa – osserva il Papa – l’armamento degli Stati si renderà necessario per ragioni di legittima difesa», ma «tuttavia, non appare lecito qualsiasi livello di armamento». Di qui l’osservazione di come «le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri e bisognosi di aiuto», e l’appello rinnovato a che «gli Stati riducano la spesa militare per gli armamenti e prendano in seria considerazione l’idea di creare un fondo mondiale da destinare a progetti di sviluppo pacifico dei popoli».
«Dalla riduzione delle spese militari un fondo mondiale per lo sviluppo»
(Salvatore Mazza - Avvenire - 12/4/2008)
Certo, di fronte a tutto ciò «si potrebbe essere presi da un giustificato sconforto e da rassegnazione ». «Diffidenza» e «solitudine», scrive Benedetto XVI, sono i sentimenti che sembrano «prevalere» nelle relazioni internazionali, al punto che «una guerra totale, da terribile profezia, rischia di trasformarsi in tragica realtà». Se allora per superare questa situazione, «occorre certamente un’azione comune sul piano politico, economico e giuridico», ancor prima è per il Papa «necessaria una condivisa riflessione sul piano morale e spirituale». In particolare «appare sempre più urgente promuovere un 'nuovo umanesimo', che illumini l’uomo nella comprensione di se stesso e del senso del proprio cammino nella storia».
Se disarmo, sviluppo e pace sono elementi «interdipendenti », è altresì vero che «il disarmo non interessa solo gli armamenti degli Stati, ma coinvolge ogni uomo, chiamato a disarmare il proprio cuore e ad essere dappertutto operatore di pace». Allo stesso modo, «lo sviluppo non può ridursi a semplice crescita economica: esso deve comprendere la dimensione morale e spirituale». Dunque, osserva ancora Benedetto XVI, se «la guerra non è mai inevitabile e la pace è sempre possibile, anzi doverosa», questo è il momento «di cambiare il corso della storia, di recuperare la fiducia, di coltivare il dialogo, di alimentare la solidarietà», perseguendo la via di «un umanesimo integrale e solidale, nel cui contesto – è la conclusione del Papa – anche la questione del disarmo assume una natura etica e spirituale e l’umanità potrà camminare verso l’auspicata pace autentica e duratura».
Sicuramente «fino a quando sarà presente il rischio di un’offesa – osserva il Papa – l’armamento degli Stati si renderà necessario per ragioni di legittima difesa», ma «tuttavia, non appare lecito qualsiasi livello di armamento». Di qui l’osservazione di come «le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri e bisognosi di aiuto», e l’appello rinnovato a che «gli Stati riducano la spesa militare per gli armamenti e prendano in seria considerazione l’idea di creare un fondo mondiale da destinare a progetti di sviluppo pacifico dei popoli».
Nessun commento:
Posta un commento