15 dicembre 2006

Sulla censura del Natale

Nelle scuole e altrove. Quanta ignoranza
La presenza dei musulmani sta diventando la grande scusa


Hanno iniziato i britannici: messa al bando la parola Christmas, Natale, colpevole di contenere la radice Christ, Cristo, ora si scambiano solo anonimi e ingiutificati auguri di stagione, "Season greetings". Proseguono gli italiani, anzi, le italiane, o per meglio dire un manipolo di maestre, che per fortuna sono poche ma fanno molto rumore. Le ultime in ordine di tempo (e speriamo anche ultime in senso stretto) sono quelle di una scuola materna bolzanina e di una elementare padovana: le prime hanno tentato di censurare la recita natalizia dei bambini perché «fa esplicito riferimento a Gesù», le seconde hanno vietato i canti tradizionali per lo stesso motivo, sostituendoli con generici brani che parlano - bontà loro - di pace, fratellanza, amore... Gli stessi temi incarnati dal Bambinello, verrebbe da dire, ma qualche maestra d'Italia lo ha espulso dalla scuola: troppo pericoloso.
E un'altra donna, una dirigente scolastica, spiegava ieri che è ora di «svecchiare» i canti: basta con "Tu scendi dalle stelle", finiamola con "Adeste fideles", «ormai sono datati» diceva. Chiamano vecchio l'antico, pensano che il passato vada gettato come un inutile residuato... e sono le insegnanti dei nostri figli. In questo delirio iconoclasta un po' isterico ci sarebbe da ridere (se non ci fosse da piangere) a pensare che nemmeno il già laicheggiante "White Christmas" si salverebbe dalla furia delle maestre, sempre a causa di quella radice colpevole di nominare lui, il festeggiato...
Ma noi, il resto delle donne d'Italia, noi figlie, mamme o nonne, noi giornaliste o casalinghe o insegnanti, noi che siamo la maggioranza che cosa vogliamo fare? Tutto meno che tacere. Spieghiamolo, a queste giovani e inesperte maestre, che integrare gli scolari islamici non significa discriminare quelli cristiani. Spieghiamolo - ché l'ignoranza è madre sempre prolifera - che la figura di Cristo è sacra anche per chi prega sul Corano e che nessun bambino musulmano ne rimarrebbe turbato (ci ha tentato persino l'imam di Bolzano a farglielo capire...). Diciamoglielo chiaro, alle nostre maestre, che multiculturalità vuol dire valorizzare il meglio di ogni tradizione, non cancellarle tutte in un omogeneo e impersonale vuoto di identità.
Non credano, infine, di suscitare con le loro assurde censure l'ammirazione o la gratitudine delle famiglie islamiche trapiantate nel nostro Paese: chi prega Dio cinque volte al giorno non può che disprezzare chi lo rinnega. Il sospetto, sempre più concreto, è che il cosiddetto rispetto delle religioni sia solo un pretesto per mascherare fini bassamente ideologici: Gesù rappresenta la forza travolgente del pensiero cristiano e ancora oggi, ogni volta che nasce, scompagina, dà scandalo, sovverte. È scomodo questo Bambino, lo è sempre stato, e accogliere la sua sfida rivoluzionaria è un impegno notevole: più facile far finta che non sia mai venuto al mondo. Liberi di crederlo, per carità, ma almeno si abbia la coerenza di non festeggiare: niente regali, care maestre, niente vacanze, un giorno come gli altri, per voi. E non vi illudete che Babbo Natale (Natale, capite? Stessa colpa etimologica del Christmas!) sia laicista e vi venga incontro: al buon vecchio barbuto dispensatore di doni fa sempre da sfondo il piccolo Messia, esattamente come le lucette dell'albero rifrangono miliardi di volte la Luce per la quale le accendiamo. Nessuna guerra tra albero e presepe, la sola guerra è contro l'ignoranza.
Combattiamola - per favore - da donne, senza integralismi.
(Avvenire 15/12/2006)

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