ESPLORATORI DELLA GRAMMATICA NATURALE
Con il suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace, papa Benedetto ci offre un prezioso contributo di discernimento culturale, che esplicita ulteriormente il disegno coerente del suo magistero. Il testo inserisce la tradizionale riflessione sulla pace all’interno di una questione più ampia: perché oggi si stenta ad armonizzare i due valori della pace e della vita, fino al punto da ricavarne diritti e doveri, orizzonti di senso, progetti sociali del tutto eterogenei, se non addirittura alternativi? Perché chi invoca etiche severamente normative nella tutela della giustizia sociale e della pacifica convivenza tra i popoli è poi disposto a declassare nell’ambito di un insindacabile soggettivismo etico tutte le scelte che incidono sul valore della vita? E perché, all’opposto, chi denuncia inflessibilmente gli attentati alla vita non mette la stessa determinazione nel denunciare gli attentati alla pace?
Il messaggio del Papa va al cuore di questo dilemma. E lo fa articolando un percorso molto interessante, attestato dalla duplice destinazione del Messaggio, che si apre con un augurio di pace, rivolto ai governanti, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a chi è minacciato dalla violenza e in particolare ai bambini, e si chiude con un "pressante appello al Popolo di Dio", chiamando ogni credente "alla promozione di un vero umanesimo integrale". Un presupposto di fondo rende possibile questa doppia articolazione dell’alfabeto della pace, già enunciato con forza a Colonia: "Creazione e redenzione vanno insieme". Alla luce di questa chiave di lettura è possibile ricondurre la pace e la vita alla loro radice originaria: la dignità di persona, propria di ogni creatura umana, immagine di Dio. Siamo al cuore della "questione antropologica".
Nello strato originario della nostra comune umanità è come custodita una irriducibile cifra trascendente, che parla nello stesso tempo il linguaggio gratuito del dono e quello responsabile del compito. C’è come una "grammat ica naturale" in cui viene razionalmente codificato il dono trascendente della vita, che implica il rispetto della vita stessa e della libertà religiosa, così come l’uguaglianza di natura di tutte le persone, sorgente invisibile di quei diritti umani inalienabili, che la legislazione internazionale e nazionale è chiamata pazientemente ad onorare e trascrivere. Ogni concezione antropologica contaminata dal germe della violenza, dell’indifferenza o del cedimento relativistico non potrà mai offrire un argine credibile alle minacce contro la vita e la pace.
Non a caso, secondo il Papa, "anche la pace è insieme dono e compito", grande base per il dialogo tra credenti e non credenti, e insieme via per avvicinarsi al mistero più grande, che è il mistero di Dio. In questa prospettiva l’"ecologia della pace", che deve misurarsi con i gravi problemi dei rifornimenti energetici, delle nuove forme di violenza e dello smantellamento delle armi nucleari, chiama in causa una corrispondente "ecologia umana" e persino "sociale", attestando la necessità di stabilire "un chiaro confine tra ciò che è disponibile e ciò che non lo è". Un confine in cui possono e debbono incontrarsi l’esercizio critico della ragione umana e la coerenza esemplare della testimonianza cristiana.
Il messaggio del Papa va al cuore di questo dilemma. E lo fa articolando un percorso molto interessante, attestato dalla duplice destinazione del Messaggio, che si apre con un augurio di pace, rivolto ai governanti, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a chi è minacciato dalla violenza e in particolare ai bambini, e si chiude con un "pressante appello al Popolo di Dio", chiamando ogni credente "alla promozione di un vero umanesimo integrale". Un presupposto di fondo rende possibile questa doppia articolazione dell’alfabeto della pace, già enunciato con forza a Colonia: "Creazione e redenzione vanno insieme". Alla luce di questa chiave di lettura è possibile ricondurre la pace e la vita alla loro radice originaria: la dignità di persona, propria di ogni creatura umana, immagine di Dio. Siamo al cuore della "questione antropologica".
Nello strato originario della nostra comune umanità è come custodita una irriducibile cifra trascendente, che parla nello stesso tempo il linguaggio gratuito del dono e quello responsabile del compito. C’è come una "grammat ica naturale" in cui viene razionalmente codificato il dono trascendente della vita, che implica il rispetto della vita stessa e della libertà religiosa, così come l’uguaglianza di natura di tutte le persone, sorgente invisibile di quei diritti umani inalienabili, che la legislazione internazionale e nazionale è chiamata pazientemente ad onorare e trascrivere. Ogni concezione antropologica contaminata dal germe della violenza, dell’indifferenza o del cedimento relativistico non potrà mai offrire un argine credibile alle minacce contro la vita e la pace.
Non a caso, secondo il Papa, "anche la pace è insieme dono e compito", grande base per il dialogo tra credenti e non credenti, e insieme via per avvicinarsi al mistero più grande, che è il mistero di Dio. In questa prospettiva l’"ecologia della pace", che deve misurarsi con i gravi problemi dei rifornimenti energetici, delle nuove forme di violenza e dello smantellamento delle armi nucleari, chiama in causa una corrispondente "ecologia umana" e persino "sociale", attestando la necessità di stabilire "un chiaro confine tra ciò che è disponibile e ciò che non lo è". Un confine in cui possono e debbono incontrarsi l’esercizio critico della ragione umana e la coerenza esemplare della testimonianza cristiana.
(Luigi Alici - L'Avvenire 13/12/2006)
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