17 febbraio 2010

Politica e religione - di Franco Allegri

da Empolitica - Franco Allegri


17 Feb, 2010

POLITICA E RELIGIONE - Preferisco il cardinal Tettamanzi!

Scritto da: F. Allegri In: Politica in generale| Variee letto 12 volte.

POLITICA E RELIGIONE

Preferisco il cardinal Tettamanzi!

10/02/2010

Di F. Allegri

Torno a scrivere di religione e politica dopo che quasi 250 persone hanno letto il mio scritto a favore del crocifisso nelle scuole e nei locali pubblici.

Da vari mesi seguo i consigli comunali di Empoli e li illustro con articoli dettagliati e seguo l'attività di tutti i gruppi con il massimo di apertura che mi è possibile e forte dei principi democratici e pluralisti!

Non nascondo che il mio gruppo preferito è quello a 5 stelle che si ispira a Beppe Grillo, ma apprezzo anche le altre realtà e fra queste, da alcuni mesi, osservo con un occhio particolare il lavoro del gruppo UDC e del suo capo gruppo Gracci.

Quando questi cattolici intervengono in consiglio penso spesso alla mia tesi di laurea sulla fine dell'unità politica dei cattolici e medito sul rapporto tra teologia e politica.

Il mio pensiero si riassume nel titolo di questo scritto; il mio pensiero è: preferisco il cardinale Tettamanzi.

Sostengo la sua posizione nella polemica tra la Lega e la Chiesa Cattolica. Anzi è meglio dire che sono sempre contro la Lega, specialmente nella sua versione governativa. Quella di Roma ladrona qualche simpatia me la suscitava!

Non nego alla chiesa il diritto/dovere di intervenire nella vita politica di un paese e non credo che una fede possa essere solo rapporto con il trascendente!

Io sono tra i pochi che apprezzano Gracci quando fa politica con il vangelo, lo considero un modo nuovo per rigenerare l'esperienza politica cattolica e per riscattare i cattolici dalla vergogna della stagione delle tangenti e del dovere di governare una repubblica di frontiera con i comunisti alle porte. Sul tema dei cattolici in politica e sul rapporto fra politica e morale, ho sempre considerato illuminanti gli scritti dell'attuale cardinale di Milano.

Quando Gracci cita il vangelo vedo spesso dei consiglieri annoiati o sorridere, mi dispiaccio per loro che in altre occasioni si fanno forti di ideologie superate o peggio condannate all'eterna minoranza.

Tutti dovremmo comprendere che in Italia sono decisive oggi solo 2 idee politiche: il Berlusconismo o un cattolicesimo basato su principi millenari. Permettetemi di preferire la seconda ipotesi. Chi attende Di Pietro ha tanto da aspettare!

Per me la Chiesa che fa politica non sbaglia e non credo che debba temere i vari partitelli, di destra o di sinistra e nemmeno la Lega che talvolta appare come espressione di un cattolicesimo tradizionale. Per me non è così nella Lega vedo vecchi pensieri politici poveri e/o provinciali.

La Lega avrà nei prossimi mesi lo stesso problema di tutti i partiti che sono sopravvissuti alla prima repubblica: DOVRÀ NASCONDERE LA SUA IMPOTENZA NEI CONFRONTI DI QUESTA CRISI CHE CONTINUA A LOGORARE LE NOSTRE IMPRESE DEL NORD, DEL CENTRO E DEL SUD. Vedremo presto chi è popolare e chi no ed io ho una certezza: dopo la crisi avremo ancora la chiesa impegnata in politica e solo essa non avrà subito danni da questo periodo tragico.

Ad inizio dicembre 2009 il cardinale Tettamanzi tenne un'omelia abbastanza pesante e parlò di eresie politiche; fu senza dubbio un avvertimento per quelli che non rispettano la chiesa in quella città. Certamente le mie constatazioni si applicano male alla Toscana e alla Val D'Elsa, ma i miei rappresentanti politici dovrebbero meditare quanto scrivo perché la mia analisi va oltre le critiche alla Lega e diviene è una delle poche possibilità di capire i motivi che fanno della sinistra una minoranza perenne!

Voglio chiudere con una considerazione che capirete leggendo gli scritti del Professor Nappini, soprattutto quelli in attesa di pubblicazione.

Tra Lega e Chiesa prendo la chiesa, fra Vangelo e televisione prendo il Vangelo e se è vero che io ho capito la crisi meglio e prima di tutti, mi permetto di dirvi che le mie proposte sopravvivranno al diluvio! Anzi avrebbero potuto scongiurarlo, ma spesso le buone idee non hanno forza e anche questo concetto è pertinente rispetto al tema del rapporto fra Vangelo e politica!

15 febbraio 2010

Intervento in Consiglio Comunale sull'ODG contro l'omofobia

Crediamo che vada deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano oggetto di espressioni malevole o azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna ovunque si verifichino. Essi rivelano la mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità della persona deve essere rispettata sempre, nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.
La convivenza umana deve basarsi sul rispetto reciproco e dovrebbe riconoscere la dignità personale intrinseca ad ogni persona umana, in tutte le fasi della sua vita.
Ma riconoscere questa uguaglianza non deve significare indifferenza nei confronti delle scelte delle persone, e di riconoscimento del valore della pratica omosessuale, né si possono per questo negare le differenze che esistono tra omosessualità e eterosessualità, e non si può chiudere la questione sul piano clinico, come si vorrebbe fare oggi, in seguito ai pareri dell'OMS, che sono contrastanti con quelli di Freud.
Dal momento in cui l'OMS ha tolto l'omosessualità dalla lista delle malattie psichiatriche, si è ritenuto che definire malata una persona omosessuale significasse offenderla, e quindi assumere un atteggiamento intollerante. Viene quindi introdotto il termine omofobia per indicare un atteggiamento discriminatorio, equiparandolo al razzismo. Ci sono state risoluzioni europee contro l'omofobia, proponendo anche di effettuare una rieducazione verso chi ha idee non conformi al pensiero maggioritario.
Non si capisce perché, logicamente, definire qualcuno malato significhi offendere o discriminare. Se si dice ad un altro che è cardiopatico, al massimo si può essere in errore, ma non per questo si reca offesa. Una grave prassi che è necessario debellare è l'identificare un malato con una malattia, come avviene per esempio con la sindrome di Down. Una patologia non definisce una persona. Si può essere assolutamente contrari all'omofobia pur ritenendo l'omosessualità una malattia.
Ora, la medicina ufficiale non ritiene più, dagli anni Settanta, l'omosessualità una malattia, ma la inserisce tra le libere scelte personali. Ma se appunto rientra tra le libere scelte, stili di vita, modi di essere, al pari dell'eterosessualità, bisogna valutare se e come debbano essere tutelate le relazioni omosessuali.
Il rispetto delle persone non prescinde dagli stili di vita, ma non implica che si debbano condividere e apprezzare gli stili di vita altrui. Non significa essere intolleranti se non si condividono le scelte degli altri, e se si ritiene che non debbano godere di una particolare promozione. Che l'omosessualità non sia identica all'eterosessualità è evidente, ma se sono scelte o modi di relazione, si può dibattere sulla loro valutazione.
Il fatto che l'omosessualità non sia una devianza, una malattia, o una colpa, comporta che come tale possa essere valutata, apprezzata o biasimata. C'è chi non apprezza la pratica della castità e della verginità, e spesso chi pratica queste scelte è oggetto di derisione e scherno molto più spesso di quanto non lo siano gli omosessuali, ma non per questo si fanno leggi per tutelare chi vive in questo modo, o per rieducare chi è contrario.
Storicamente e attualmente ci sono stati abusi e ingiustizie nei confronti di persone omosessuali, e questo non deve più accadere. Ma non si devono assimilare queste ingiustizie alle valutazioni etiche sull'esercizio della pratica omosessuale, alla contrarietà ai matrimoni omosessuali, perché sarebbe ingiusto e lesivo della libertà di pensiero.
Se l'omosessualità è prassi normale come l'eterosessualità, deve essere discussa e valutata sullo stesso piano. E, come è lecito dibattere sulle varie pratiche eterosessuali, deve essere lo stesso anche per quello omosessuali.
E' essenziale quindi che il dibattito sull'omofobia non diventi un'occasione di creare una nuova intolleranza verso chi pensa in modo diverso.

12 febbraio 2010

Intervista a Casini sulle alleanze

Interessante intervista di Libero a Casini sul tema delle alleanze: dopo l'esperienza delle regionali, Pier Ferdinando Casini ritiene meglio non fare più alleanze né con il PD né con il PDL.
Difendiamo i valori cristiani, contro la Lega e contro il laicismo.

Leggi l'intervista

26 gennaio 2010

Il sogno di una nuova generazione di cattolici

Mi avvio alla conclusione, confidando un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti, e che dicono una direzione verso cui preme andare. Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico. So che per riuscire in una simile impresa ci vuole la Grazia abbondante di Dio, ma anche chi accetti di lasciarsi da essa investire e lavorare. Ci vuole una comunità cristiana in cui i fedeli laici imparino a vivere con intensità il mistero di Dio nella vita, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza. Cresce l’urgenza di uomini e donne capaci, con l’aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull’umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l’ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse. Se questo è un sogno, cari Confratelli, so che ad esso ci si può avvicinare anzitutto attraverso le circostanze ordinarie dell’esistenza, le tappe apparentemente anche più consuete, ma che racchiudono in se stesse la cadenza del progetto che avanza. Ecco, vorremmo che i valori che costituiscono il fondamento della civiltà − la vita umana comunque si presenti e ovunque palpiti, la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, la responsabilità educativa, la solidarietà verso gli altri, in particolare i più deboli, il lavoro come possibilità di realizzazione personale, la comunità come destino buono che accomuna gli uomini e li avvicina alla meta…− formassero anche il presupposto razionale di ogni ulteriore impresa, e perciò fossero da costoro ritenuti irrinunciabili sia nella fase della programmazione sia in quella della verifica. Non a caso la vicenda sociale è oggi, a giudizio della Chiesa, radicalmente antropologica (cfr Caritas in Veritate, n. 15).

Card. Angelo Bagnasco
Prolusione del 25 gennaio 2010

20 gennaio 2010

Per i bambini di Haiti - Adozioni a distanza


Speranza e dignità per i bambini di Haiti  

www.agatasmeralda.org

1000 WINNIE DA ADOTTARE A DISTANZA

Il "Progetto Agata Smeralda", dinanzi alla terribile tragedia di Haiti, lancia una sottoscrizione finalizzata alla ricostruzione e al sostegno continuativo di una scuola  e di strutture al servizio dell'infanzia gestite dai Padri Gesuiti, presenti ad Haiti, e con i quali è già entrato in contatto. L'obiettivo è quello di adottare a distanza 1000 bambini haitiani rimasti orfani. E per questo sollecita l'adesione e l'impegno di tutti.

Quello che il Progetto Agata Smeralda intende attuare, com'è nel suo specifico stile, (già lo ha fatto negli anni passati per l'Albania e per lo Sri Lanka) è un intervento in grado di andare oltre l'emergenza. In questo senso il sostegno a distanza è uno strumento prezioso e particolarmente efficace: non è un intervento una tantum basato sull'emotività di un momento, su un'emergenza destinata ad essere presto dimenticata, ma si fonda sulla continuità, su un progetto dilatato nel tempo, in grado di garantire ai bambini una speranza di vita e di crescita, assicurando loro cibo, cure e istruzione. E si avvale di missionari che vivono in mezzo ai poveri, che conoscono in profondità la situazione e sono in grado di garantire l'efficacia dell'intervento e il corretto utilizzo delle risorse economiche. Abbiamo intitolato questa iniziativa "1000 Winnie da adottare a distanza", avendo ancora vive negli occhi le drammatiche immagini televisive che mostravano il salvataggio dalla macerie della piccola Winnie, 18 mesi, rimasta viva in quell'inferno dopo quattro giorni e quattro notti. Un segno della vita che vince la morte, della speranza che deve riguardare il futuro di tanti bambini. Per questo Agata Smeralda, oltre a chiedere offerte per la ricostruzione, propone l'iniziativa "1000 Winnie da adottare a distanza", che si rivolge in particolare a coloro che vogliono dare un contributo concreto per i bambini di Haiti impegnandosi a sostenere una vera e duratura rinascita, in grado di incidere anche su una situazione di sottosviluppo, di degrado e di miseria che ad Haiti era presente ben prima del terremoto. Con le adozioni a distanza, il miglioramento delle condizioni di vita e di salute dei bambini, grazie anche alla scuola, potrà aiutarli a guardare al futuro con speranza.

Per iniziare un'adozione a distanza basta effettuare un versamento di € 31,00 ed indicare nella causale "inizio adozione bambino/a di Haiti"

* sul conto corrente postale n. 502500

       oppure

* sul conto corrente bancario IBAN: IT45F0103002870000000001152

presso la Banca M.P.S.- agenzia 48 - via Cavour, 82/a - Firenze

entrambi intestati a:

PROGETTO AGATA SMERALDA   via Cavour, 92 - 50129 FIRENZE

Sempre utilizzando una delle due modalità di versamento potrà essere inviata una qualsiasi offerta per i bambini di Haiti


Tel. 055 585040 - e-mail: info@agatasmeralda.org - www.agatasmeralda.org


08 gennaio 2010

Idee sul laicismo

Penso che il dibattito eterno sulle cose che devono essere consentite dalla legge perché lo stato è laico abbia poco senso. Quello che è giusto o sbagliato, in una democrazia, lo decide la maggioranza. E la maggioranza degli italiani, ad esempio, considera ancora sbagliato uccidere, rubare, non soccorrere chi trova per strada in fin di vita. Cose che sono dettate dalla Bibbia, e che a dar retta ai laicisti andrebbero forse tolte dall'ordinamento di uno stato laico. Eppure proprio i laicisti si riconoscono in questi valori, come anche nella fratellanza, nel rispetto reciproco, nella solidarietà, nell'onestà, tutte cose che derivano dalla fede cristiana, e che in Europa siamo soliti riconoscere come giuste, fondamentali.
Non dico che gli abortisti o gli eutanasisti non debbano portare avanti le loro battaglie, ci mancherebbe. Ma dico che non ha senso dire che devono essere riconosciute perché lo stato è laico. Non c'entra nulla. Vanno riconosciute se la maggioranza degli italiani è d'accordo, altrimenti no. C'è chi basa ancora tutti i principi e valori morali sulla fede cristiana, e chi qualche principio lo basa su altre cose, ma lo stato è laico e democratico, nel senso che a governare non è una religione o una divinità, ma un popolo libero, che intende veder riconosciuti i valori in cui crede, a prescindere dalla fede.

22 dicembre 2009

Pio XII oltre i dubbi

Pio XII oltre i dubbi

da Avvenire


Gumpel: «Fino al 1939 gli archivi sono già aperti: perché nessuno li consulta?» 

Dal suo studio a Roma, nella sede della Curia generale della Compagnia di Gesù, padre Peter Gumpel – il relatore della causa di beatificazione di Pio XII – commenta positivamente la notizia che il «suo» Papa è «venerabile». Non è solo legittima soddisfazione: il gesuita tedesco legge questo passo come un segnale importante verso il raggiungimento della verità storica. 

«Sono sempre più convinto – spiega – della santità di questo grande Papa e certamente se avessi scoperto nell'Archivio Segreto vaticano qualsiasi documento che potesse minare la sua causa di beatificazione, sarei stato il primo a denunciare la cosa». Padre Gumpel ha vissuto con amarezza la reazione di alcune frange del mondo ebraico all'ulteriore passo in avanti verso la beatificazione di Eugenio Pacelli. 

«Prima di tutto vorrei dire che non tutto il mondo giudaico è contro la beatificazione, ma solo una parte di esso. Penso ad esempio agli ebrei americani, che in maggioranza sono grati per quanto Pio XII si prodigò per salvare il maggior numero di vite umane. E poi mi chiedo come mai – ora che gli archivi vaticani sono aperti fino al febbraio 1939 – non si accede a questi documenti. Si conoscerebbe un Pacelli nunzio in Baviera e segretario di Stato sotto Pio XI molto diverso da quello raffigurato da Rolf Hochhuth nel suo dramma Il Vicario». 

Gumpel aggiunge un particolare: «Ci sono tanti documenti inediti in difesa di Pio XII nelle cancellerie di molti Paesi. Mi chiedo: perché questi testi non vengono studiati?». Gumpel ricorda i tanti discorsi pubblici di Pacelli contro il nazismo e il razzismo, come «l'allocuzione natalizia del 1942», e fa sua la tesi dello storico e biografo di Winston Churchill, l'inglese Martin Gilbert di origini ebraiche che il cosiddetto «silenzio di Pio XII» permise di salvare molti più ebrei di una esplicita condanna. 

Le virtù di Pio XII, il dolore degli ebrei, il Papa in Sinagoga

Le virtù di Pio XII, il dolore degli ebrei, il Papa in Sinagoga

da Il Blog di Andrea Tornielli 

Credo che queste parole siano attualissime e possano essere applicate anche a Pio XII come ad ogni altro candidato agli altari. Il dibattito - grazie al Cielo più sereno e pacato - sulla controversia storica riguardante i cosiddetti "silenzi" e l'atteggiamento della Chiesa durante la Shoah potrà continuare e continuerà. Beatificando un suo figlio, la Chiesa celebra le sue virtù, la sua adesione al progetto che Dio aveva sulla sua vita, la sua fede, la sua carità. Non necessariamente intende celebrare tutte le "opzioni storiche", le scelte che egli, in coscienza, ha compiuto. A scanso di equivoci, vale la pena ricordare che il sottoscritto crede che l'atteggiamento prudente nella denuncia sia stata una scelta consapevole e sofferta di Pio XII, il quale riteneva che l'intervento pubblico avrebbe ulteriormente danneggiato i perseguitati e soprattutto avrebbe ridotto i già minimi spazi di manovra delle istituzioni ecclesiastiche impegnate nel salvare gli ebrei. Ma su questo è giusto discutere, confrontarsi, approfondire, vagliare testimonianze e documenti, rifiutando "leggende nere" ma anche "leggende rosa" perché l'enormità della Shoah, evento orrendo e unico nella storia dell'Europa cristiana deve continuare a interrogare le nostre coscienze per far sì che tragedie simili non possano più ripetersi. Il passo in avanti della causa di beatificazione di Pio XII non va dunque presentato né vissuto come un atto che intende chiudere univocamente il dibattito storiografico consacrando una tesi. Forse ricordarlo potrebbe aiutare anche il dialogo con gli amici ebrei romani in vista della visita papale alla loro Sinagoga.

09 dicembre 2009

Questione crocifisso

Davide Pelagotti

Questione crocifisso, Pelagotti: "Il crocifisso non è simbolo nazionalista, è un elemento universale"

Il giovane consigliere comunale dell'UDC: "Accogliere lo straniero e rispettarne l'identità però non significa abolire la nostra"
Gonews - http://www.gonews.it/articolo_45029_Questione-crocifisso-Pelagotti-crocifisso-simbolo-nazionalista-elemento-universale.html



01 dicembre 2009

Crocifisso

Da un punto di vista politico ritengo di dovermi dissociare dalle battaglie pro-crocifisso portate avanti dalla Lega e dai partiti di estrema destra, i quali abusano del Crocifisso, sfruttandolo ideologicamente come simbolo di identità nazionale per portare avanti le loro politiche nazionaliste e xenofobe, politiche che - è evidente - sono l'esatto contrario di quanto quel simbolo rappresenta. Un esempio è l'operazione White Christmas, messa in atto da una Giunta Comunale nel bresciano, sulla quale giustamente anche il parroco del paese si è detto contrario, ritenendo quantomeno improprio usare il nome del Natale per questa iniziativa. E' sbagliato ritenere il crocifisso un mero simbolo di identità nazionale, è ridicola la proposta di inserirlo nella bandiera italiana, ed è assolutamente contrario alla morale cristiana usarlo come arma ideologica contro gli stranieri.
Il crocifisso infatti è un simbolo universale, perché universale è il messaggio del Vangelo.
L'uomo raffigurato nel Crocifisso, Gesù Cristo, che per me credente è Dio fatto uomo, ha dato un solo comandamento: amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato. E ha spiegato il modo in cui lui ci ha amato, cioè morendo sulla croce, dando la vita per tutti gli uomini, soprattutto per quelli che lo odiano. Quindi il Crocifisso è simbolo di questo amore incondizionato per ogni uomo, di amore ai nemici, ai diversi, agli emarginati, ai poveri. E' questo il motivo principale per cui è importante tenere nelle aule e nei luoghi pubblici il Crocifisso, non come simbolo nazionale, ma come simbolo di amore e di pace, e di accoglienza per chi viene nel nostro Paese.
Accogliere lo straniero e rispettarne l'identità però non significa abolire la nostra. L'Europa e l'Italia non possono rinnegare le proprie radici, perché dal cristianesimo deriva l'immenso patrimonio culturale europeo, ma soprattutto derivano i diritti civili e sociali in cui laicamente tutti in Occidente ci riconosciamo. L'idea dei diritti umani, del riconoscere la dignità della vita di ogni uomo, del vedere l'altro, diverso da noi, come un fratello da amare, l'ha portata nel mondo Gesù Cristo. La stessa idea di stato laico, paradossalmente, l'ha inventata Gesù Cristo, quando ha detto "date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Prima non esisteva lo stato laico, e i cristiani erano perseguitati proprio perché non riconoscevano la divinità dell'Imperatore romano.
Togliere il Crocifisso per rispetto verso le altre religioni non ha senso, infatti per molti musulmani che vengono qui è uno sbaglio gravissimo il disconoscimento della religione cristiana da parte dell'Europa, loro non pretendono che noi si tolga il Crocifisso, per loro sarebbe inconcepibile togliere i propri simboli religiosi nei loro paesi, e credo che nessuno di noi lo pretenderebbe. Molti criticano i cristiani proprio perché rinnegano la propria fede, e hanno ragione a farlo.
Il vero problema è il laicismo, che pretende che la religione sia relegata a fatto privato, da non esternare, disconoscendone il valore pubblico e il ruolo sociale che ha, come è successo in Francia dove sono proibiti tutti i simboli religiosi in pubblico, e disconoscendo il ruolo fondamentale che il cristianesimo ha avuto nella costruzione dell'Europa. Ma anche come è successo adesso in Svizzera, dove sono stati proibiti i minareti. E' una lotta violenta contro la Chiesa e contro i cristiani cominciata con l'illuminismo e la Rivoluzione Francese, e continuata dalle varie ideologie totalitarie del '900, fino all'attuale "dittatura del relativismo", che vieta che siano proclamate delle verità, che in nome di una falsa uguaglianza pretende che i credenti rinneghino la propria fede e che non la professino in pubblico, come fosse una cosa di cui vergognarsi.
Lo stesso simbolo dell'Europa, la bandiera con le dodici stelle, rappresenta la corona di dodici stelle della Madonna.
Mantenere le cose come stanno è anche una questione di buon senso, perché è la gente semplice che lo richiede, che ci tiene a quel simbolo, e non vuole vederlo usato per motivi politici e per battaglie ideologiche.
E' importante tenere il Crocifisso nelle aule e spiegare agli alunni cosa significa quel simbolo, che rappresenta la nostra storia e la nostra cultura, ma soprattutto perché quell'Uomo è colui che ha dato la vita per amore degli uomini, che ha amato i propri nemici cioè noi che lo rinneghiamo, e che ci ha comandato di amare tutti gli uomini con lo stesso amore.

27 novembre 2009

Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare

Avvenire - 27 Novembre 2009
LA SFIDA DELL'INTERGAZIONE

Violenze nel Bresciano, ora intervengono i parroci

Dopo la violenza e le polemiche accese, la comunità cristiana della Franciacorta nel Bresciano si mobilita per affrontare il delicato tema del rapporto tra immigrazione e sicurezza. È innegabile la tensione che da una settimana attraversa questa terra suggestiva del profondo nord a ridosso del lago d'Iseo, nota ai più per i vini eccellenti e le dolci colline e finita alla ribalta per fatti di violenza e razzismo. Anzitutto la terribile aggressione la settimana scorsa a una coppia di fidanzati a Rovato ad opera di un immigrato marocchino. E il pestaggio  martedì, dopo una fiaccolata, di due kosovari. Coccaglio è invece divenuto noto per la vicenda White Christmas, ideata dal comune per «censire» entro il 25 dicembre gli immigrati irregolari. La denominazione che voleva essere scherzosa e fa infelice riferimento al Natale, come hanno riconosciuto sindaco e assessore alla sicurezza, entrambi leghisti, è valsa agli amministratori l'accusa di razzismo. Ieri è arrivato l'intervento dei sacerdoti delle parrocchie dei comuni bresciani di Adro, Cazzago, Coccaglio, Cologne, Erbusco e Rovato, i quali distribuiranno domenica una lettera aperta indirizzata ai cristiani e agli uomini di buona volontà .

«La nostra gente e i nostri paesi – è scritto nella missiva – che vivono di tranquilla laboriosità e da sempre praticano l'accoglienza, sono improvvisamente diventati oggetto della stampa nazionale per fatti dolorosi e non sempre spiegabili. Prima di tutto vogliamo esprimere la nostra solidarietà e la nostra vicinanza ai genitori e ai familiari dei due giovani aggrediti dalla pazzia insana e dalla violenza di chi pare abbia agito sotto influsso della droga». Quanto a Coccaglio, i parroci esprimono «stima agli abitanti  da sempre testimoni di pacifica convivenza». Entrambi i casi «fanno riferimento alle persone di immigrati, aggressori o bersaglio di dichiarazioni che, come riferite dalla stampa, sono decisamente inaccettabili».

Nella lettera viene riassunto così il difficile momento: «Nella nostra sofferenza ci viene in mente il passo di Geremia: "Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare". Sicuri solo della fiducia in Dio, che si presta a rinascere Bambino tra noi, vogliamo proporre a tutti di incominciare di nuovo». Quindi l'appello alla sicurezza: «Il Signore ci dice di amare noi stessi: per questo richiediamo sicurezza, condizioni di vita fisica e spirituale consone al Vangelo, che da sempre illumina la nostra società, rispetto da parte di tutti». I sacerdoti poi affondano sull'accoglienza: «Perché l'amore del prossimo per noi è un dovere congenito alla nostra fede e perché nel prossimo è presente lo stesso Cristo, vi invitiamo a chiedere le stesse cose anche per coloro che sono venuti a vivere tra noi da altre terre e da altri paesi: a loro come a noi stessi dobbiamo chiedere il rispetto di tutte le regole e di tutte le tradizioni». Per le parrocchie di Franciacorta non è buonismo, ma giustizia. «Dobbiamo chiedere – è scritto – giustizia e severità per chi delinque, qualunque sia il colore della pelle, e non verso chi ha l'unico torto di essere diverso da noi. Solo se tutti crediamo e difendiamo la dignità di ogni essere umano, possiamo sperare che si ricreino quelle condizioni che possono garantire pace e sicurezza. La crisi che incombe, che ci fa tremare per i posti di lavoro, potrà richiedere ancora una maggior solidarietà reciproca, anche, magari, verso quegli immigrati che insieme al lavoro e alla cassa integrazione, dopo sei mesi rischiano di perdere anche il permesso di soggiorno». Proprio quelli interessati da White Christmas.

«Il cammino - concludono i parroci –  non è facile, ma la meta è certa: coniugare il doveroso rispetto e l'amore per noi stessi con l'amore per l'altro, chiunque esso sia». Le comunità parrocchiali si ritroveranno domenica 13 dicembre alle 20,30 nella chiesa di Erbusco per una veglia di preghiera.

Paolo Lambruschi e Carlo Guerrini

19 novembre 2009

White Christmas

Reazioni cattoliche all'iniziativa "White Christmas" lanciata nel Bresciano

Per il Presidente delle ACLI è "istigazione all'odio razziale"

Padre Mario Toffari: "dobbiamo cercare noi cattolici di far capire ai nostri politici […] che non si può brandire il crocifisso, brandire il Natale per fare delle politiche anticristiane".

La notizia

17 novembre 2009

Cristo Re

Cristo Signore fa liberi gli uomini

Le letture proposte nel formulario liturgico ci aiutano a comprendere la profonda natura della regalità di Gesù Cristo. Gesù di Nazaret si è presentato come un re, ma il suo regno non è di questo mondo. Comincia a edificarsi quaggiù, ma non fa alcuna concorrenza ai regni terrestri. Durante tutta la sua vita pubblica, Gesù ha badato con cura estrema che non si potesse dare un'interpretazione politica alla sua missione. A parecchie riprese lo vogliono fare re, ma ogni volta egli si sottrae.

Cristo, re di un regno diverso
Gesù Cristo è re, perché è l'unico mediatore della salvezza di tutta la creazione. In lui, tutte le cose trovano il loro compimento, la loro vera consistenza secondo il disegno creatore di Dio. Dio continua a creare per mezzo dell'amore, e tutta la creazione è chiamata, nell'uomo, a partecipare alla sua stessa vita divina, a entrare nella sua Famiglia.
Questo disegno di amore si compie soltanto nell'invio dell'Uomo-Dio perché solo l'Uomo-Dio è capace, nella sua umanità, di far entrare nella Famiglia del Padre. Se tale è il disegno creatore di Dio, è in Gesù Cristo che tutta la creazione trova il punto d'appoggio della sua consistenza definitiva (cf Eb 1,3; Col 1,17). In questo senso Gesù Cristo è il primogenito di ogni creatura; egli
è il re della creazione perché egli solo è l'immagine di Dio invisibile, e la realizzazione del disegno creatore dipende unicamente da lui. Ma, poiché la creazione si è staccata dal suo Dio per effetto del peccato, la regalità di Gesù Cristo assume l'aspetto di una riconciliazione universale che egli opera versando il suo sangue sulla croce.

Cristo rispetta la libertà e la responsabilità dell'uomo
La regalità di Cristo è universale e ha un reale potere su tutto e su tutti; nessuna realtà creata sfugge al suo giudizio supremo. Egli ha acquistato questa regalità per mezzo della sua morte sulla croce in remissione di tutti i peccati. Il primogenito di ogni creatura è pure il primogenito di fra i morti, il risorto.
La regalità di Cristo è un tema cristologico abbondantemente sfruttato nella tradizione ecclesiastica, per le sue concrete incidenze sul ruolo della Chiesa nel mondo. La riflessione teologica su questo argomento ha  talora peccato  di gratuità; a più riprese si è degradata in una ideologia giustificatrice di una situazione contingente della Chiesa, che alcuni si auguravano di veder continuare. In particolare, il tema è servito per spiegare i rapporti fra la Chiesa e il mondo in un «regime di cristianità», senza tener abbastanza conto del carattere transitorio di quest'ultimo. Quando questo stato di cose ha cominciato a scricchiolare alcuni si sono riferiti alla regalità di Cristo per difendere certe istituzioni e combattere i nemici della Chiesa con spirito non alieno da clericalismo. D'altra parte l'avvento del mondo moderno rischia di mettere in causa una giusta concezione della regalità universale di Cristo, relegandola al puro dominio dello spirito.

La regalità di Cristo è per la regalità dell'uomo
Quando Pio XI istituì, nel 1925, la festa di Cristo Re, intendeva reagire contemporaneamente agli eccessi del laicismo moderno che fa a meno di Dio, e a quelli del cesaropapismo e del clericalismo di ieri tentati di «servirsi» di Dio. Ma certo le eredità del passato erano tali che alcuni cristiani hanno preso questa festa come un'arma per difendere l'ordine antico e rifiutare il mondo che veniva; mentre i laicisti si sono irrigiditi sulle loro posizioni di rifiuto. Oggi, altri cristiani, preoccupati di una riconciliazione della Chiesa col mondo e del mondo con la Chiesa, vedono in questa proclamazione della regalità di Cristo  un ostacolo al  loro irenismo.
Ma la festa di Cristo Re può essere l'occasione per approfondire una verità essenziale della nostra fede e per rivalutare il contenuto di questa regalità nel contesto dei nuovi rapporti Chiesa-mondo.
Cristo è re per creare un popolo regale, libero da ogni asservimento dell'uomo, per favorire e accogliere le risorse, le consuetudini, le ricchezze dei popoli, purificarle, consolidarle, elevarle(cf LG 13). In particolare, i laici, partecipi della regalità di  Cristo,devono operare per la promozione della persona umana, per animare di spirito evangelico le realtà temporali, e dare così testimonianza concreta che Cristo Re è liberatore e salvatore di tutto l'uomo e di tutti gli uomini. Cristo, l'uomo nuovo, solidale con la comunità umana, eleva e perfeziona, nel suo mistero pasquale, l'attività degli uomini per una migliore, più umana convivenza nella collaborazione, nella fraternità,  nella pace  (cf GS 22; 32;33-45; 77-78; 92-93).

  

Venga il tuo regno

Dall'opuscolo «La preghiera» di Origène, sacerdote  (Cap. 25; PG 11, 495-499)
Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l'attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell'anima dei santi ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in lui abita. Così l'anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell'anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell'affermazione: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).
Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l'Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del
Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno» (Mt 6, 9-10). Ricordiamo che il regno di Dio non può accordarsi con il regno del peccato, come non vi è rapporto tra la giustizia e l'iniquità né unione tra la luce e le tenebre né intesa tra Cristo e Beliar (cfr. 2 Cor 6, 14-15).
Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre « membra che appartengono alla terra» ( Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi solo Dio Padre col suo Cristo. Sia in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «ultima nemica sarà distrutta la morte» (1 Cor 25, 26). Allora Cristo potrà dire dentro di noi: «Dov'è , o morte, il tuo pungiglione? Dov'è , o morte, la tua vittoria? » ( Os 13, 14; 1 Cor 15, 55). Fin d'ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di « incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell'immortalità» del Padre (1 Cor 15, 54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione.

02 novembre 2009

Toscana: troppi «registri», pochi registrati

da Avvenire - 29/10/2009

Le iniziative largamente propagandate di raccolta dei testamenti biologici in alcuni Comuni si stanno risolvendo nel prevedibile insuccesso

A fare da apripista è stata Pisa: da inizio luglio, infatti, è possibile recarsi a Palazzo Gambacorti, sede dell’amministrazione comunale, e depositare il proprio testamento, mutuato dal modello Veronesi che prevede, sic et simpliciter, la rinuncia ad idratazione ed alimentazione artificiale, escluse invece dal testo di legge-Calabrò, approvato al Senato e ora alla Camera.

Pochi giorni dopo il registro è arrivato anche nel comune di Calenzano, cittadina tra Prato e Firenze: la delibera con cui la giunta dava il via libera a un registro delle Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento) è del 28 aprile, ma solo dal 21 luglio i cittadini hanno potuto recarsi a palazzo comunale per depositare le proprie Dat. Si tratta di un modello più articolato di quello pisano, dove il cittadino è invitato ad esprimere se desidera accettare o rifiutare, ad esempio, cure palliative, respirazione meccanica, idratazione e nutrizione artificiale, dialisi, ma anche interventi di chirurgia d’urgenza, trasfusioni di sangue e persino terapie antibiotiche.
Da allora, la corsa all’adozione di un registro per la raccolta di testamenti biologici o delle Dat, ha coinvolto molti altri comuni. Un registro è già operativo a San Giuliano Terme, centro termale all’immediata periferia di Pisa.
Presto potremo vederli anche nei comuni di Firenze, Livorno, Rosignano, Fiesole e Massa, e nel palazzo dell’amministrazione provinciale a Pisa, dove i consigli hanno impegnato le rispettive giunte ad organizzare questo servizio. A Empoli l’approvazione di una mozione vincolante su questo tema è stata preceduta da due manifestazioni pubbliche promosse dall’associazione Liberi di Decidere, dove sono state raccolte sul posto – secondo i promotori – duecento Dat.

Ovunque questa decisione è stata accompagnata da polemiche politiche. Il Pdl ha fatto opposizione. A Massa il gruppo consiliare dell’Udc, che pure appoggia la maggioranza, si è smarcato dall’odg.
Nel Pd, per quanto ci risulta, solo il vicepresidente del Senato Vannino Chiti ha criticato apertamente il documento approvato dal consiglio comunale di Firenze: «Il consiglio comunale non ha competenza in questa materia – ha osservato Chiti –. Occorre una legge nazionale» e dunque sarebbe stato meglio, semmai, sollecitare il Parlamento a fare la sua parte.
«Deliberare l’istituzione del registro del testamento biologico senza fondamento giuridico è un atto privo di efficacia – ha continuato Chiti – che mette soltanto una bandierina su temi che sono invece di estrema serietà e importanza».

Ricorda volentieri le parole di Chiti il capogruppo Udc in consiglio regionale Marco Carraresi. Che osserva però: «Fatta questa debita eccezione, è utile osservare come ormai nel Pd vige il pensiero unico, quello che considera l’aborto un diritto, la pillola abortiva un bel passo avanti, che plaude a Beppino Englaro e alla scelta di far morire di fame e di sete Eluana, quello che sulla fecondazione assistita vuol tornare alla sperimentazione sugli embrioni umani, quello che è a favore dell’equiparazione tra famiglia e coppie di fatto, anche omosessuali».
Si difende il Pd fiorentino: «Quella di una legge che sancisca il diritto al testamento biologico è un’esigenza avvertita dall’80% degli italiani, senza distinzione di fede o di appartenenza
Ma è proprio così? Questa la situazione nelle città che hanno già un registro: a Pisa (88 mila residenti) l’assessore Maria Paola Ciccone aveva presentato la delibera con cui la giunta di Palazzo Gambacorti aveva deciso di istituire un registro per la raccolta dei testamenti biologici, asserendo che essa andava incontro a numerose richieste dei cittadini.
Richieste ridotte a circa cinquanta «dichiarazioni» fino a oggi depositate.
Va un po’ meglio (si fa per dire) a Calenzano, cittadina di 15.700 abitanti, e 24 Dat depositate nell’ufficio del responsabile dell’Urp.
Non sfonda l’idea del testamento biologico a San Giuliano Terme, comune di 31.317 abitanti: chi desidera depositarlo deve recarsi allo sportello (certamente più protetto rispetto agli altri che ha in dotazione l’ufficio per il pubblico) dei servizi cimiteriali.
Un’esperienza che ha fatto, ad oggi, una sola persona.
L’idea che ci siamo fatti è che, dopo annunci altisonanti, nessuno abbia voglia di fare troppa pubblicità a questo servizio. Un esempio? Gli informatici del comune termale, nei primi giorni di lancio del testamento biologico, gli avevano dato una bella rilevanza nella home page del sito: dopo pochi giorni, per scaricare il modulo del testamento occorre addentrarsi in un labirinto telematico da cui uscire risulta difficile anche ad esperti internauti.
Andrea Bernardini

29 ottobre 2009

Catecumenato post battesimale

Card. Scherer: molti cattolici sono stati battezzati, ma non evangelizzati

"L'evangelizzazione 'generica' non è sufficiente", avverte

di Alexandre Ribeiro

SAN PAOLO, giovedì, 29 ottobre 2009 (ZENIT.org).- "Al giorno d'oggi constatiamo purtroppo che la maggioranza dei cattolici è stata battezzata, ma non evangelizzata", sostiene il Cardinale Odilo Scherer, Arcivescovo di San Paolo (Brasile).

A suo avviso, "battezzare e poi lasciare il cristiano a un'evangelizzazione 'generica' è insufficiente".


Leggi il resto dell'articolo qui

Il condom è inutile, serve solo al gay business

«Il condom è inutile, serve solo al gay business»

Postato il Giovedì, 29 ottobre @ 09:17:50 CET di David
 
Tempi, 3 settembre 2009

«Diffondevo contraccentivi in Africa. Oggi dico che solo la fedeltà coniugale batterà l'Aids». Parla Edward Green, professore di Harvard


di Rodolfo Casadei


«Sudafrica. Coordinerò la promozione di programmi incentrati sulla riduzione del numero dei partner sessuali, la fedeltà di coppia e l'astinenza, rivolti a leader tradizionali e religiosi. Lavorerò sotto l'egida dell'Ubuntu Institute, una Ong presieduta dal genero di Nelson Mandela. Valorizzeremo cerimonie e rituali tradizionali. Sarà un approccio molto indigeno, il contrario del modello top-down internazionale, il contrario della promozione di tecnologie e medicinali americani».

Mancano quattro mesi alla definitiva chiusura del suo programma di ricerca sulla prevenzione dell'infezione da Hiv ad Harvard, ed Edward Green ha già deciso la mèta del suo esilio. Messo alla porta dalla famosa università americana per le sue ultradecennali posizioni troppo controcorrente in materia di lotta all'Aids – culminate nella difesa della dichiarazione papale sulla dannosità del condom in occasione della visita in Camerun e Angola – l'antropologo della medicina (65 anni) ha deciso che non andrà in pensione, e lo fa sapere col consueto accompagnamento di frecciatine polemiche.


Al Meeting di Rimini è andato a raccogliere l'applauso solidale di migliaia di partecipanti, che gli hanno espresso la loro gratitudine per aver dimostrato con argomenti di ragione e di buon senso che Benedetto XVI non è affatto un ignorante e un fanatico in materia di Aids africano, e che il pregiudizio semmai sta di casa altrove. Ma che forse hanno notato meno uno dei contenuti cardine della sua relazione: «Il modello dei programmi internazionali contro l'Aids – ha detto Green – è quello dei programmi concepiti negli anni Ottanta negli Stati Uniti: da noi i primi gruppi di popolazione colpiti sono stati gli omosessuali e gli utilizzatori di droga intravena. Gli attivisti gay hanno imposto il punto di vista che chiedere a queste persone di modificare le loro abitudini sessuali equivaleva a esprimere una condanna morale nei loro confronti. Hanno imposto la linea che bisognava combattere l'Aids senza rinunciare alla liberazione sessuale che gli omosessuali avevano appena conquistato. Così è nato e si è imposto in tutto il mondo il costosissimo modello di lotta all'Aids centrato sui condom e sugli antiretrovirali. Ma in Africa questo modello non funziona di sicuro».

«I due gruppi che storicamente hanno modellato le politiche americane, poi quelle internazionali, in materia di Aids», spiega Green a Tempi, «sono stati il movimento gay e le organizzazioni del family planning. Da subito si è realizzata un'alleanza di fatto, basata sulla comunanza di interessi e di visione del mondo: entrambi erano ideologicamente liberal, entrambi antireligiosi e in particolare ostili alla Chiesa cattolica, perché la sua dottrina condanna sia l'uso degli anticoncezionali che i rapporti fra persone dello stesso sesso. Parlo con cognizione di causa, perché a quel tempo io facevo parte del secondo gruppo: ero un esperto di social marketing degli anticoncezionali, mi occupavo di strategie per diffondere la contraccezione moderna nel Terzo mondo. L'Aids era una tragedia, ma per noi rappresentava anche una grande opportunità che avrebbe facilitato il nostro lavoro: pubblicizzavamo i profilattici spiegando che risolvevano due problemi: quello delle gravidanze indesiderate e quello di una gravissima malattia a trasmissione sessuale».

«Nei gay abbiamo trovato dei formidabili alleati nella causa della diffusione del condom: negli Stati Uniti il movimento assunse subito la posizione che i malati di Aids non dovevano essere stigmatizzati, che non era giusto colpevolizzare le persone per i comportamenti che li avevano portati a contrarre l'infezione. I messaggi per la prevenzione dovevano essere gay-friendly e dovevano rispettare gli stili di vita di tutti senza giudicarli. La soluzione stava in una propaganda martellante a favore dell'utilizzo continuativo e perfetto del condom, e nella messa a disposizione di aghi sterili gratuiti ai tossicodipendenti. I gay sono stati molto persuasivi coi politici e li hanno convinti ad applicare questa impostazione ai programmi pubblici finanziati dallo Stato negli Usa. I gay non avevano esperienza di programmi nel Terzo mondo, e a portare nei Caraibi, in Africa, Asia e America latina questa filosofia di lotta all'Aids ci abbiamo pensato noi che lavoravamo nel family planning, e che siamo entrati a far parte massicciamente dei programmi internazionali».

«Si è compiuto così un grande paradosso: dalla California ai paesi musulmani conservatori del Nordafrica e del Medio Oriente, da New York e da Parigi ai villaggi dell'Africa nera tradizionalista, si applica un unico modello di prevenzione dell'Hiv, derivato dall'ideologia della liberazione sessuale per cui si sono battuti i liberal americani. È una vera assurdità antropologica, e infatti in Africa non ha funzionato. Gli unici paesi in cui si segnala una flessione dei tassi di sieropositività sono quelli dove la gente ha ridotto il numero dei partner sessuali e ha praticato la fedeltà di coppia. Queste cose io le ho scoperte sul campo già all'inizio degli anni Novanta e ho cercato di comunicarle a tutti gli attori interessati, ma ho fatto molta fatica a trovare orecchie disposte ad ascoltarmi. I miei primi articoli, scientificamente ineccepibili, sono stati respinti da riviste importanti come Social Science and Medicine e Medical Anthropology. Io mi limitavo ad analizzare separatamente gli interventi condom-based e quelli non condom-based, ma già solo questo linguaggio li mandava in bestia: "È un'utopia, la verità è che tu odi i condom e hai in testa un'agenda religiosa", mi dicevano. Ma io non sono cristiano e non appartengo ad alcuna chiesa!».

«La verità amico, era ed è anche oggi un'altra: la lotta all'Aids è un'industria multimiliardaria che sarebbe messa in pericolo da una strategia così semplice come quella che dice "non avere tanti partner, sii fedele alla tua compagna, astieniti". Piuttosto che puntare all'eliminazione del rischio con una strategia che costerebbe molto poco e che molto poco è costata laddove, come in Uganda, è stata applicata, ci si limita alla riduzione del rischio spendendo miliardi di dollari in condom e antiretrovirali sempre più potenti a causa dei ceppi resistenti di Aids che sorgono. Ma è un business che resta molto popolare, perché è agganciato all'idea di "liberazione sessuale"».

15 ottobre 2009

Tripode dei cristiani in politica

Difesa della vita, famiglia e libertà di educazione: principi per i cristiani in politica


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 30 marzo 2006 (ZENIT.org).- Ci sono tre principi non negoziabili per la Chiesa e i cristiani nella vita pubblica, ha spiegato questo giovedì Benedetto XVI: la difesa della vita, il riconoscimento della famiglia e la libertà di educazione.

Il Papa lo ha detto a circa cinquecento parlamentari del Partito Popolare Europeo, che hanno celebrato a Roma il loro congresso continentale.

Nel suo discorso, con il quale ha risposto alle parole di saluto del presidente del gruppo parlamentare, Hans-Gert Poettering, il Santo Padre ha iniziato rivendicando il diritto dei rappresentanti religiosi ad esprimere i loro principi in una società democratica.

"Quando le Chiese o le comunità ecclesiali intervengono nel dibattito pubblico, esprimendo riserve o ricordando principi, non stanno manifestando forme di intolleranza o interferenza, perché questi interventi cercano unicamente di illuminare le coscienze, affinché le persone possano agire liberamente e con responsabilità, in base alle autentiche esigenze della giustizia, anche se questo può entrare in conflitto con situazioni di potere e di interesse personale", ha spiegato.

Passando ad analizzare in particolare gli interventi pubblici della Chiesa cattolica, la sua massima guida ha osservato che il suo interesse "si centra sulla protezione e sulla promozione della dignità della persona e per questo presta particolare attenzione ai principi che non sono negoziabili".

Con la chiarezza di un professore, il Pontefice ha enunciato questi principi:

- "protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale";

- "riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile";

- "la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli".

Benedetto XVI ha constatato che "questi principi non sono verità di fede", perché "anche se sono illuminati e confermati dalla fede" "sono insiti nella natura umana, e pertanto sono comuni a tutta l'umanità".

"L'azione della Chiesa nella loro promozione non è quindi di carattere professionale, ma si dirige a tutte le persone, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa", ha affermato.

Quest'opera di difesa degli aspetti fondamentali della dignità umana, ha concluso, non dovrebbe essere realizzata solo dalla Chiesa. Di fatto, "è ancor più necessaria nella misura in cui questi principi sono negati o fraintesi, perché in questo modo si compie un'offesa alla verità della persona umana, una grave ferita provocata alla giustizia stessa".


© Innovative Media, Inc.

06 ottobre 2009

In Sud Sudan «crocifissi» sette cristiani

da Avvenire.it - 6/10/2009

LA GUERRA DIMENTICATA

In Sud Sudan «crocifissi» sette cristiani

Prima li hanno rapiti mentre pre­gavano in chiesa, strappandoli al­le loro famiglie: tutti ragazzini sui 15-20 anni. Poi, li hanno uccisi, a picco­li gruppi. Dapprima è toccato ad un ra­gazzo, trovato attaccato ad un albero: il suo corpo senza vita era orrendamente mutilato. Quindi è stata la volta di altri sei sequestrati: chi ne ha scoperto i cadave­ri ha descritto la scena come la «parodia di una crocifissione», con le vittime legate su assi di legno inchiodati a terra. A com­piere la sanguinosa strage sono stati ele­menti del Lord's Resistance Army (Lra), un gruppo armato nato nella Uganda del Nord, responsabile di attacchi contro ci­vili nella zona che lambisce Sudan, Re­pubblica democratica del Congo e la stessa Uganda.

È stata questa la drammatica fine di set­te cattolici della diocesi di Tombura­Yambio, nel Sudan meridionale. La de­nuncia arriva dal vescovo locale, monsi­gnor Eduardo Hiibiro Kussala, che ha raccontato il tragico episodio di violen­za che segnala, una volta di più, la dram­matica situazione del Sud Sudan alle pre­se con la recrudescenza di violenza e in­stabilità sociale sulla quale si innestano i raid dei ribelli ugandesi. A denunciare l'attacco è stato monsignor Kussala: il presule ha raccontato all'isti­tuzione Aiuto alla Chiesa che Soffre che nelle scorse settimane – il rapimento è avvenuto a metà agosto, ma le difficoltà di comunicazioni hanno permesso solo adesso di far conoscere fuori dal Sudan i macabri particolari del blitz che era pas­sato sotto silenzio – un folto gruppo di miliziani dell'Lra ha fatto irruzione nel­la chiesa di Nostra Signora della Pace nel­la città di Ezo, sul confine tra Sudan, Re­pubblica Centrafricana e Congo.

A po­chi giorni dopo risale il ritrovamento del­la prima vittima, mentre una settimana dopo è avvenuto il ritrovamento delle al­tre sei vittime nei pressi della città di N­zara. Alla violenza è riuscito a sfuggire invece un sacerdote, il parroco di Ezo, padre Justin, che ha trovato rifugio in u­na foresta vicino alla città. Di fronte a questi fatti il vescovo di Tom­bura- Yambio ha lanciato un appello al­la comunità internazionale: «Senza un intervento esterno non sarà possibile fer­mare le violenze e garantire la sicurezza di donne, bambini e civili innocenti, di­venuti il bersaglio di attacchi quasi quo­tidiani », sottolinea il presule in un'inter­vista al Sudan Tribune r ilanciata da Mi­sna . «Il governo non può non agire e affron­tare il problema dell'Lra. Ci aveva pro­messo di tenere la situazione sotto con­trollo, ma vediamo invece qual è la realtà. Chiediamo alla comunità internaziona­le di fare qualcosa». E parlando con Aiu­to alla Chiesa che Soffre il vescovo ha rac­contato le tristi condizioni dei suoi fede­li: «La gente viene da me con la soffe­renza negli occhi, chiedendomi di fare qualcosa e di riportare a casa i loro figli e nipoti rapiti».

Per­ché nella mani dei miliziani ugandesi restano ancora dieci ragazzini. In risposta al nuovo atto di violenza che ha preso di mira la comunità cattolica, monsignor Kussala ha indetto tre giorni di preghiera e peni­tenza: all'evento hanno preso parte oltre 20mila fedeli. «Pensavo che potes­se venire molta gente, ma sono arrivate il doppio delle persone previste. È stato un incontro impressionante», ha com­mentato Kussala. La situazione nel Sud Sudan sta pro­gressivamente peggiorando. Secondo al­cuni dati dell'Onu, gli attacchi dei ribel­li ugandesi nel Sudan meridionale, in particolare negli stati dell'Equatoria oc­cidentale (la regione dove ha sede la dio­cesi di Tombura-Yambio) e centrale, so­no in aumento: tra agosto e settembre sono state 11 le incursioni.

Lorenzo Fazzini

28 settembre 2009

Caritas, aiuti nelle Filippine

Come sempre, la Chiesa è in prima linea negli aiuti umanitari. In questi giorni la Caritas sta offrendo aiuto a 50.000 vittime della tempesta nelle Filippine.

http://www.zenit.org/rssitalian-19646

Dall'omelia del Papa a Viterbo

6/9/2009

Fedeli laici, giovani e famiglie, non abbiate paura di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell'esistenza umana! [...] Si succedono le stagioni della storia, cambiano i contesti sociali, ma non muta e non passa di moda la vocazione dei cristiani a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. Ecco l'impegno sociale, ecco il servizio proprio dell'azione politica, ecco lo sviluppo umano integrale.

testo integrale

17 settembre 2009

Paolo Maria Floris

Prima parte:
Seconda parte:

Stati Generali UDC

Carlo Casini


Magdi Cristiano Allam

Una nuova politica al servizio dell'uomo

UNA NUOVA POLITICA AL SERVIZIO DELL'UOMO

(Paolo Voltaggio)
Salva articolo su SalvaSiti.com!

Figo: lo DIGO!

Segnala su Segnalo.com!

Segnala su OK Notizie!

La disaffezione dei cittadini per le istituzioni, la sfiducia nella amministrazione della cosa pubblica, l'abbandono progressivo da parte dei giovani del dibattito politico impongono a tutti, ed in particolare al mondo cattolico, una profonda riflessione.

Il cristiano, turbato dal clamore di "tangentopoli" e in preda al timore di "sporcarsi", ha rinunciato a partecipare all'attività politica delegando  ad altri il  compito di portare avanti e difendere le proprie istanze e i propri valori.

Un malinteso senso di laicità ha completato la rinuncia ad ogni attività non solo politica ma anche culturale.

Giovanni Paolo II  e Benedetto XVI hanno a più riprese cercato di far comprendere al popolo cristiano l'offesa alla carità insita in tale disinteresse.

"Autentica laicità non è [...] prescindere dalla dimensione spirituale, ma riconoscere che proprio questa, radicalmente, è garante della nostra libertà e dell'autonomia delle realtà terrene, grazie ai dettami della Sapienza creatrice che la coscienza umana sa accogliere ed attuare" . Questa frase di Benedetto XVI indica in maniera sintetica ma molto precisa le radici di una laicità rettamente intesa.


LEGGI IL RESTO SUL SITO DI IDENTITÀ CRISTIANA

Persecuzioni in Pakistan

Continuano, nell'indifferenza generale, le persecuzioni contro i cristiani in Pakistan. Solo Avvenire dà notizia di questi episodi, la stampa italiana ha altro a cui pensare.
Il 15 settembre si è svolta una manifestazione di cristiani in seguito all'uccisione di un ragazzo di vent'anni, per chiedere l'abolizione della legge che permette il massacro dei non musulmani.
La notizia qui.

02 settembre 2009

È morta Teresa Sarti

Oggi è morta Teresa Sarti, moglie di Gino Strada e Presidentessa di Emergency. Una donna forte, la colonna portante dell'associazione, che ha lottato per la vita, per la pace, e per il rispetto dei diritti umani.

Ho avuto l'onore e il piacere di incontrarla qualche anno fa, ed ho potuto conoscere il suo sorriso e la sua grande determinazione.

Per questo sono stato molto colpito da questa triste notizia, e mi sento vicino al dolore della famiglia e di tutta l'associazione.

Un grande saluto, e una preghiera, per Teresa.

Teresa Sarti

Teresa Sarti
28 marzo 1946 - 1 settembre 2009

Dopo avere insieme condiviso per quindici anni il tempo dell'amicizia, del rispetto per la vita e per la sofferenza di tutti, dopo il lungo tempo di affetto, di speranze di timore per la sua sorte personale, Emergency annuncia la morte della sua presidente Teresa Sarti Strada.
Con la stessa apertura e con la stessa semplicità che aveva voluto per la vita di Emergency, Teresa ha accettato anche in questi suoi ultimi giorni la vicinanza di tutti coloro che hanno voluto esserle accanto. La serenità consapevole con la quale è andata incontro alla conclusione del suo tempo ha espresso il coraggio e la determinazione che rappresentano la verità della nostra azione in un'attività che ha dato senso alla sua e alla nostra esistenza. La dolcezza del ricordo coincide per noi con il rinnovo dello nostro impegno per la pace e per la solidarietà.

EMERGENCY



Notizie di cui nessuno parla

Nuova strage di cristiani in Pakistan
http://www.avvenire.it/Mondo/pakistan_200909020650252370000.htm

16 luglio 2009

Beppino Englaro a Empoli

Noi del gruppo consiliare e della sezione territoriale di Empoli dell'UDC, riteniamo di doverci dissociare dall'avvenuto riconoscimento a Beppino Englaro, nell'ambito del Premio Pozzale 2009.
E' stata per noi una scelta infelice, che si aggiunge all'onorificenza già data a Englaro dall'Amministrazione di Firenze, e che propaganda un laicismo ideologico tendente ad affermare la cosiddetta "cultura della morte". Cioè l'idea che sia l'uomo a dover decidere chi è degno o meno di vivere.
Pur riconoscendo la sofferenza del signor Englaro nel vedere sua figlia in condizioni al limite della pietà, crediamo che quella vita fosse ugualmente un dono da difendere, e non da sopprimere. Aldilà delle motivazioni, Beppino Englaro è un uomo che ha fatto uccidere (anzi, morire di fame e di sete) la propria figlia, crimine per il quale, a nostro avviso, non dovrebbero esistere giustificazioni.
Pertanto siamo amareggiati dalla decisione presa dalla giuria del Premio Luigi Russo attribuire un riconoscimento al libro di Englaro, e dalla partecipazione del Sindaco e dell'Amministrazione Comunale alla premiazione.

Davide Pelagotti

Unione di Centro - Empoli

15 maggio 2009

Famiglia in crisi

Secondo me è colpa anche della politica: sposarsi non conviene economicamente. Lo stato dovrebbe invece fare in modo che, anche dal punto di vista fiscale ed economico, sia più vantaggioso un matrimonio rispetto ad una convivenza.
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_15/focus_nuovo_fidanzamento_italiano_dbbd329c-4117-11de-8b5d-00144f02aabc.shtml

12 maggio 2009

Per la famiglia

Famiglia, giovani, solidarietà. Queste sono le priorità per l'UDC, nel programma elettorale per il Comune di Empoli.
udc-empoli.blogspot.com

20 marzo 2009

Sinodo per l'Africa

E' stato pubblicato un importante documento, l'Instrumentum laboris per il secondo Sinodo sull'Africa. Questo è il documento su cui si prepareranno i Vescovi prima di partecipare all'assemblea, che si svolgerà a Roma, dal 4 al 25 ottobre 2009.

Qui il testo integrale.

19 marzo 2009

Papa, Africa e preservativi

Il Papa ha espresso la sua opinione sull'argomento. Questa opinione è sicuramente discutibile, molti prelati sono contrari.
Personalmente credo che sia giusto che una coppia sposata, se uno o entrambi sono malati di aids, abbiano rapporti usando il preservativo. Questo perché nel matrimonio è fondamentale il rapporto sessuale, non credo che sia un bene vivere sempre "come fratello e sorella", si perde una parte fondamentale del sacramento. E l'uso del preservativo è il cosiddetto "male minore", concetto questo largamente usato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, anche riguardo alla guerra, all'aborto o all'omicidio in generale.
Detto questo, ritengo che comunque il Papa abbia detto giusto sul fatto che la distribuzione di preservativi non è la soluzione migliore. Si può dire che da sola è assolutamente inutile. Credo che sia necessaria un'educazione sessuale, come viene fatta anche qui da noi.
Ed è sicuramente vero che l'educazione alla morale sessuale cristiana sarebbe una soluzione ottimale, perché se tutti avessero rapporti solo con il coniuge è ovvio che il problema dell'aids si ridurrebbe molto.
Il Papa ha detto che il modo migliore per non prendere l'aids è non fare sesso, e questo è ovviamente vero. Ma al giorno d'oggi una cosa del genere è proibito dirla.
Queste comunque sono le parole esatte di Benedetto XVI: «non si può superare questo problema dell’Aids solo con slogan pubblicitari. Se non c’è l’anima, se gli africani non si aiutano con cure gratuite, non si può risolvere il flagello con la distribuzione di profilattici, al contrario, il rischio è di aumentare il problema».
Ma quello che più è scandaloso è vedere da chi sono venute queste critiche al discorso del Papa. E' proprio il caso di dire "da che pulpito viene la predica".
La Chiesa da sempre è impegnata, più di ogni altra organizzazione, nel sostegno economico, sociale, educativo, sanitario e umano alle popolazioni dell'Africa.
Mentre i vari governanti che fanno la predica al Papa cosa fanno per l'Africa? Hanno disatteso tutte le varie iniziative e obiettivi che si sono fissati nell'ultimo decennio, cioè i promessi aumenti di percentuali di pil da destinare ai poveri. L'OCSE afferma: ”I Paesi donatori avevano promesso di aumentare i loro finanziamenti di circa 50 miliardi di dollari l’anno entro il 2015, a partire dai livelli del 2004 - si legge nel Development Co-operation Report pubblicato in questi giorni - ma le proiezioni dell’OCSE rispetto alla destinazione di questi fondi registrano una caduta complessiva di circa 30 miliardi ciascun anno. I numeri sono abbastanza eloquenti: tra 2006 e 2007 i Paesi di area Ocse hanno diminuito il loro impegno dell’8,5% a livello internazionale, con punte del 29,6% per il Regno unito, del 29,8% del Giappone, del 16,4% della Francia e dell’11,2% del Belgio. Anche l’Italia perde terreno: meno 2,6% nel 2007”.
Forse davvero tutti questi signori pensano di risolvere i problemi dell'Africa solo con i presevativi.

04 marzo 2009

Tg2

Ieri è andato in onda un bel servizio al Tg2, sulle suore di clausura. Al contrario di quello che il mondo crede, mostrava la loro assoluta gioia, felicità e serenità. E si è concluso con una Sorella che diceva: "Secondo me siete voi in clausura!".

10 febbraio 2009

Ma a pochi importa

La maggior parte degli italiani ieri ha preferito il Grande Fratello alle dirette su Eluana (Porta a Porta e Tg4). 8 milioni contro 5.

La notizia qui.

Mangiaostie a tradimento

di Camillo Langone (Il Foglio)

«Non sono responsabile del sangue di quest’uomo; vedetevela voi»

Così disse Ponzio Pilato, e così ha ripetuto il governo italiano e soprattutto il presidente della repubblica.

09 febbraio 2009

Il PD pensa alla costituzione

Il PD farà domani una manifestazione in difesa della costituzione.

Evidentemente per loro la costituzione è più importante di una vita umana.

C'è da dire che il governo e il parlamento avrebbero avuto mesi e mesi di tempo per fare una legge "salva-Eluana", e invece si sono ridotti all'ultimo secondo.

Per la vita

http://www.salvatorecrisafulli.it/