15 febbraio 2010

Intervento in Consiglio Comunale sull'ODG contro l'omofobia

Crediamo che vada deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano oggetto di espressioni malevole o azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna ovunque si verifichino. Essi rivelano la mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità della persona deve essere rispettata sempre, nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni.
La convivenza umana deve basarsi sul rispetto reciproco e dovrebbe riconoscere la dignità personale intrinseca ad ogni persona umana, in tutte le fasi della sua vita.
Ma riconoscere questa uguaglianza non deve significare indifferenza nei confronti delle scelte delle persone, e di riconoscimento del valore della pratica omosessuale, né si possono per questo negare le differenze che esistono tra omosessualità e eterosessualità, e non si può chiudere la questione sul piano clinico, come si vorrebbe fare oggi, in seguito ai pareri dell'OMS, che sono contrastanti con quelli di Freud.
Dal momento in cui l'OMS ha tolto l'omosessualità dalla lista delle malattie psichiatriche, si è ritenuto che definire malata una persona omosessuale significasse offenderla, e quindi assumere un atteggiamento intollerante. Viene quindi introdotto il termine omofobia per indicare un atteggiamento discriminatorio, equiparandolo al razzismo. Ci sono state risoluzioni europee contro l'omofobia, proponendo anche di effettuare una rieducazione verso chi ha idee non conformi al pensiero maggioritario.
Non si capisce perché, logicamente, definire qualcuno malato significhi offendere o discriminare. Se si dice ad un altro che è cardiopatico, al massimo si può essere in errore, ma non per questo si reca offesa. Una grave prassi che è necessario debellare è l'identificare un malato con una malattia, come avviene per esempio con la sindrome di Down. Una patologia non definisce una persona. Si può essere assolutamente contrari all'omofobia pur ritenendo l'omosessualità una malattia.
Ora, la medicina ufficiale non ritiene più, dagli anni Settanta, l'omosessualità una malattia, ma la inserisce tra le libere scelte personali. Ma se appunto rientra tra le libere scelte, stili di vita, modi di essere, al pari dell'eterosessualità, bisogna valutare se e come debbano essere tutelate le relazioni omosessuali.
Il rispetto delle persone non prescinde dagli stili di vita, ma non implica che si debbano condividere e apprezzare gli stili di vita altrui. Non significa essere intolleranti se non si condividono le scelte degli altri, e se si ritiene che non debbano godere di una particolare promozione. Che l'omosessualità non sia identica all'eterosessualità è evidente, ma se sono scelte o modi di relazione, si può dibattere sulla loro valutazione.
Il fatto che l'omosessualità non sia una devianza, una malattia, o una colpa, comporta che come tale possa essere valutata, apprezzata o biasimata. C'è chi non apprezza la pratica della castità e della verginità, e spesso chi pratica queste scelte è oggetto di derisione e scherno molto più spesso di quanto non lo siano gli omosessuali, ma non per questo si fanno leggi per tutelare chi vive in questo modo, o per rieducare chi è contrario.
Storicamente e attualmente ci sono stati abusi e ingiustizie nei confronti di persone omosessuali, e questo non deve più accadere. Ma non si devono assimilare queste ingiustizie alle valutazioni etiche sull'esercizio della pratica omosessuale, alla contrarietà ai matrimoni omosessuali, perché sarebbe ingiusto e lesivo della libertà di pensiero.
Se l'omosessualità è prassi normale come l'eterosessualità, deve essere discussa e valutata sullo stesso piano. E, come è lecito dibattere sulle varie pratiche eterosessuali, deve essere lo stesso anche per quello omosessuali.
E' essenziale quindi che il dibattito sull'omofobia non diventi un'occasione di creare una nuova intolleranza verso chi pensa in modo diverso.

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