24 gennaio 2007

23 gennaio 2007

Così lo Stato punisce chi fa i figli

(Stefano Biavaschi - Sviluppo e Popolazione - 20/1/2007)

Premessa

I figli sono la ricchezza di una Nazione. Quando in un Paese subentra il calo demografico, in esso comincia la crisi, non solo del sistema e dei valori, ma anche la crisi economica. In Italia si è scesi ad una media di circa 0,8 figli per coppia, mentre ne occorrerebbero almeno 3, dicono gli esperti, per mantenere stabile una civiltà. Questo sta comportando un pesante invecchiamento della popolazione, con relativo gigantesco aumento della spesa per sanità e pensioni. A fronte di questo, il forte calo delle nascite, e quindi del numero di bambini e di giovani, ha fatto precipitare i consumi nei settori a loro legati, con conseguente crisi di aziende e di industrie, crisi che si riverbera a sua volta in un effetto a catena. Tutti i cittadini, anche quelli che figli non ne fanno, stanno subendo il peso di questa situazione, perché le trattenute in busta paga, sempre più elevate, non sono più sufficienti per mantenere in
piedi quel grande cronicario che è ormai l'Italia priva della propria gioventù.
Altre civiltà stanno subentrando al posto della nostra, e certamente fanno più figli di noi. Questo dà l'illusione che certi indici demografici rimangano invariati. In realtà stiamo assistendo alla graduale autoeliminazione di un popolo, non a causa di un'epidemia o di una guerra, ma a causa di quella che i
demografi stanno da anni ormai chiamando "la peste bianca": il rapido calo delle nascite che pone fine alla parabola di una civiltà millenaria ricca di valori e di tradizioni. Dinanzi a questo tragico avvenimento, lo Stato, in Italia, continua a scegliere, in modo miope e superficiale, una politica economica che anziché incoraggiare la famiglia che fa figli, la penalizza pesantemente. Ne vediamo di seguito alcuni esempi.

Le trattenute Irpef
Per l'attuale sistema di tassazione, la famiglia non esiste. Un single che guadagna 40.000 euro l'anno viene tassato allo stesso modo di un capofamiglia con 2, 4, 6 od 8 figli. Nessun ministro dell'economia ha mai pensato di applicare la forma di tassazione più equa ed intelligente: quella pro-capite. Una famiglia di 6 persone ove entrano, per esempio, 50.000 euro l'anno, ha in
realtà un reddito pro-capite di 8.333 euro l'anno, che andrebbe tassato come tale. Invece gli scaglioni irpef sono applicati per reddito complessivo, e non per reddito pro-capite. Le cosiddette "detrazioni per familiari a carico" non fanno che restituire una minuscola parte di quello che viene ingiustamente pagato di tasse. Inoltre il recente passaggio da "deduzioni" a "detrazioni" fa
aumentare le trattenute degli enti locali, che incidono sull'impoverimento economico della famiglia.

Gli assegni di famiglia
Gli assegni di famiglia rientrano in una logica assistenzialista, quasi come se lo Stato dicesse: hai commesso l'errore di fare figli, comportandoti un po' da irresponsabile con i tempi che corrono, tuttavia sono misericordioso, e utilizzo un po' dei miei fondi per aiutarti. In realtà è la famiglia numerosa ad arrecare benefici allo Stato, non solo perché immette nuova mano d'opera giovane e lo fa allevandola a sue spese, ma anche perché questi figli, coi loro
consumi, contribuiscono sia a far girare l'economia, sia a rimpinguare le casse dello Stato col pagare il 20 per cento di Iva su ogni prodotto acquistato, dalle merende ai quaderni, dai giocattoli agli indumenti. E comunque tali assegni di famiglia vengono tolti se uno dei coniugi commette il delitto di diventare libero professionista, oppure vengono decurtati se uno dei figli si è
permesso di compiere i 18 anni: in quest'ultimo caso il figlio scompare letteralmente dalla dicitura relativa al nucleo, come se fosse andato a vivere altrove con una sua casa ed un suo stipendio; in realtà sta frequentando il penultimo anno di scuola secondaria superiore ed ha ancora davanti tutta l'università.

L'Ici
L'Ici è pagata in base al valore catastale di una casa. Questo valore è tanto più alto quanto maggiore è il numero dei metri quadri o dei vani. Al legislatore non interessa nulla che il numero dei vani in molti casi sale col numero dei figli che abita in quella casa. Moltissimi genitori affrontano grandi sacrifici economici per offrire alla propria famiglia un alloggio idoneo alle necessità dei suoi componenti, e lo Stato non solo non offre alcun particolare sostegno in questa direzione, ma si ostina a tassare i metri quadri
per i figli allo stesso modo di quelli di una reggia ove un single, magari ricco, vive da solo. Eppure la legge esige certi criteri minimi di abitabilità: numero idoneo di bagni o di camere a seconda dei componenti del nucleo, ecc. I genitori che non si adeguano rischiano sanzioni e, in certi casi, perfino il sequestro dei figli da parte dei servizi sociali, ma il primo servizio sociale è aiutare, o almeno non sovratassare, la famiglia con figli.

La Luce
L'art. 3 della nostra Costituzione sancisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Ma vi è un popolo, quello dei bambini, quello dei nostri figli, cui lo Stato impone di pagare l'energia a prezzi molto più alti rispetto a quelli degli altri cittadini. Il consumo di elettricità viene infatti addebitato, nelle bollette, per fasce progressive di consumo, che avrebbero lo scopo di penalizzare i più sciuponi: più consumi, più i kilowatt sono salati.
Ma allo Stato non interessa nulla se il maggior consumo di kilowatt derivi per caso da un maggior numero di componenti nel nucleo, come succede in presenza di figli. Questi, singolarmente presi, possono essere i più educati del mondo nel risparmio energetico; ma lo Stato, per il solo fatto che esistono, li penalizza in modo pesante. In prima fascia un kilowatt costa circa 10 centesimi, ed è
questo il prezzo cui lo paga un single. Ma i nostri bambini, pur non avendo reddito, arrivano a pagarlo il doppio o anche il triplo. Quale famiglia numerosa, infatti, riuscirebbe a non scivolare in seconda, terza, o quarta fascia? Ad aggravare questo meccanismo interviene ancora lo Stato, aggiungendo imposte erariali, imposte addizionali, poi l'IVA del 10 per cento sui consumi (che aumenta ulteriormente il peso delle fasce), e perfino l'IVA ...sulla stessa imposta erariale!

Il Gas
Ultimamente il costo del gas al metro cubo è salito più del 20-30 per cento. Non soddisfatto di questo lo Stato vi applica un'imposta Iva doppia rispetto a quella della Luce: il 20 per cento. Un quinto di tasse è tanto, ma in realtà se ne paga di più a causa di una speciale "imposta di consumo", che in seconda fascia aumenta del 318 per cento. Le più penalizzate sono, come risulta evidente, le famiglie numerose. La cosa più curiosa è che ...anche su
quest'imposta si paga l'Iva! Ricordo per inciso che una Sentenza della Corte di Cassazione del 29 aprile '97 ha dichiarato che un prelievo fiscale non può costituire base imponibile per un nuovo prelievo di analoga natura, il che vuol dire che l'Iva sulle imposte è illegittima (e questo vale sia per la luce sia per il gas).

L'acqua potabile
La tariffa a metro cubo dell'acqua per le attività zootecniche costa il 25% in meno della tariffa sociale applicata sulle bollette alle famiglie. Le mucche hanno lo sconto, i bambini no. Non solo, ma mentre le mucche possono goderne quantità illimitata, le famiglie non devono superare i 108 metri cubi al mese, poco più che qualche doccia. Altrimenti il prezzo sale.

L'assistenza sanitaria
I ticket sulle prestazioni sanitarie, come si sa, sono sempre più cari. Anche in questo caso, l'eventuale esenzione non è concessa in base al reddito pro-capite, ma semplicemente per l'età o il reddito complessivo. Per esempio un uomo di 65 anni, single, che guadagna 36.000 euro è esente dal ticket, a differenza dei membri di una famiglia di 6 persone in cui il reddito pro-capite è di 6.000 od anche 3.000 euro.

I farmaci generici
Vi è una categoria di farmaci, quelli cosiddetti generici, che come sappiamo costano molto meno perché pur utilizzando gli stessi principi attivi dei farmaci originali, si avvantaggiano del fatto che non sono più sotto brevetto.
Ebbene, da questo vantaggio sono esclusi ...i bambini! I farmaci generici ad uso pediatrico, in Italia non esistono!

Il bollo auto
Più un'auto è di grossa cilindrata, e più, si sa, aumenta il costo del bollo. Ma allo Stato non interessa nulla se una famiglia numerosa è costretta per necessità a comprare una vettura a 7 o 9 posti. Usata o malandata che sia, questa famiglia deve pagare come se stesse facendo sfoggio di chissà qualericchezza. Nell'ultima finanziaria, inoltre, le vetture che superano i 100 Kw vanno incontro ad un aumento del bollo pari al 50 per cento. Inutile osservare che in questa categoria cadono, indistintamente, anche le vetture per famiglie numerose.

L'Isee
Un numero sempre crescente di agevolazioni (borse di studio, contributi libri di testo, rette...) fa riferimento all'Isee, l'indice di ricchezza di una famiglia. Premesso che nel calcolo dell'Isee rientra anche il reddito della prima casa (che inevitabilmente sale col numero di metri quadri da offrire ai figli), la più palese ingiustizia è che, nei calcoli, ogni figlio non è conteggiato pari a 1, ma pari a 0,35! Il che significa che se il papà o la mamma cercano di guadagnare di più per far fronte a tutte le spese di una famiglia numerosa, anche l'Isee sale di conseguenza.

Conclusione
Da questa breve panoramica emerge quanto sia in realtà messo sotto i piedi l'art. 31 della Costituzione: "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose". In realtà non solo lo Stato non agevola la famiglia numerosa, ma anzi le chiede di più, sebbene essa, per un motivo o per l'altro, sia il suo maggiore contribuente. Purtroppo
prevale una concezione privatistica dei figli, come se questi non fossero un patrimonio per tutta la società e per il nostro futuro. Paradossalmente sono più agevolate le coppie di fatto o le finte separazioni: nessun cumulo dei redditi, precedenze nelle iscrizioni presso asili, precedenze per la casa, per i servizi pubblici, assegni familiari superiori in quanto basati su falsi monoreddito, ecc. Le famiglie numerose, principale forza di una nazione, erano in Italia 2 milioni negli anni '60. Nel censimento del 2001 sono precipitate a
sole 300 mila. Nelle stime Istat del 2005 le famiglie con almeno 4 figli si sono ridotte a 185 mila. Se continueremo a punirci così, presto non ce ne saranno più. L'Associazione Nazionale Famiglie Numerose (www.famiglienumerose.it) ha pertanto lanciato una campagna di sfida ai nostri politici: Un Figlio Un Voto. Se ciascun capofamiglia potesse godere di un voto per ognuno dei suoi figli minori (attualmente privi d'ogni potere d rappresentanza), chi vincerebbe alle prossime elezioni? Forse può sembrare
un'utopia, eppure i bambini sono titolari di diritti come tutti. Sarebbe la più grande svolta democratica dopo il voto alle donne.

22 gennaio 2007

Bandiera europea

Dall'aureola dell'Immacolata le dodici stelle dell'Europa
La bandiera dell'Unione ispirata alla corona della Vergine

(Vittorio Messori, Corriere della Sera, 14/7/2003)

La bandiera europea è azzurra con dodici stelle disposte a cerchio. Ebbene: sia i colori, che i simboli, che la loro disposizione in tondo, vengono direttamente dalla devozione mariana, sono un segno esplicito di omaggio alla Vergine.

Che sia una di quelle ironiche "astuzie della Storia" di cui parlava Hegel?
Di certo, il caso è curioso. In effetti, giovedì 10 luglio, a Bruxelles, con solenne cerimonia è stata presentata la bozza definitiva della Costituzione d'Europa. E' quella nel cui preambolo non si è fatto il nome del Cristianesimo, provocando le ben note polemiche e la protesta della Santa Sede. Ma questa stessa Costituzione, nel definire i propri simboli, ribadisce solennemente che la bandiera europea è azzurra con dodici stelle disposte a cerchio. Ebbene: sia i colori, che i simboli, che la loro disposizione in tondo, vengono direttamente dalla devozione mariana, sono un segno esplicito di omaggio alla Vergine. Le stelle, in effetti, sono quelle dell'Apocalisse al dodicesimo capitolo: "Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle". Quella Donna misteriosa, per la tradizione cristiana, è la madre di Gesù. Anche i colori derivano da quel culto: l'azzurro del cielo e il bianco della purezza verginale. Nel disegno originario, infatti, le stelle erano d'argento e solo in seguito hanno preso il colore dell'oro. Insomma: anche se ben pochi lo sanno, la bandiera che sventola su tutti gli edifici pubblici dell'Unione (e il cerchio di stelle che sovrasta l'iniziale dello Stato sulle targhe di ogni automobile europea) sono l'invenzione di un pittore che si ispirò alla sua fervente devozione mariana.

E' una storia di cui circolano versioni diverse, ma che abbiamo ricostruito con esattezza già nel 1995, in un'inchiesta per il mensile di Famiglia cristiana , Jesus . La vicenda, dunque, inizia nel 1949 quando, a Strasburgo, fu istituito un primo "Consiglio d'Europa", un organismo poco più che simbolico e privo di poteri politici effettivi, incaricato di "porre le basi per un'auspicata federazione del Continente". L'anno dopo, anche per giustificare con qualche iniziativa la sua esistenza, quel Consiglio bandì un concorso d'idee, aperto a tutti gli artisti europei, per una bandiera comune. Alla gara partecipò pure Arsène Heitz, un allora giovane e poco noto designer che al tempo della nostra inchiesta era ancora vivo e lucido, pur se ultra novantenne. Heitz, come moltissimi cattolici, portava al collo la cosiddetta "Medaglia Miracolosa", coniata in seguito alle visioni, nel 1830, a Parigi, di santa Catherine Labouré. Questa religiosa rivelò di avere avuto incarico dalla Madonna stessa di far coniare e di diffondere una medaglia dove campeggiassero le dodici stelle dell'Apocalisse e l'invocazione: "Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te". La devozione si diffuse a tal punto nell'intero mondo cattolico da fare di quella "Medaglia Miracolosa" uno degli oggetti più diffusi, con molte centinaia di milioni di esemplari. Ne aveva al collo una di latta e legata con uno spago anche santa Bernadette Soubirous quando, l'11 febbraio del 1858, ebbe la prima apparizione della Signora, che apparve vestita proprio di bianco e di azzurro.

Ebbene, Arsène Heitz non era soltanto uno degli innumerevoli cattolici ad avere su di sé quella Medaglia nata da un'apparizione, ma nutriva una speciale venerazione per l'Immacolata. Dunque, pensò di costruire il suo disegno con le stelle disposte in circolo, come nella Medaglia, su uno sfondo di azzurro mariano. Il bozzetto, con sua sorpresa, vinse il concorso, la cui commissione giudicatrice era presieduta da un belga di religione ebraica, responsabile dell'ufficio stampa del Consiglio, Paul M. G. Lévy, che non conosceva le origini del simbolo, ma fu probabilmente colpito positivamente dai colori. In effetti, l'azzurro e il bianco (le stelle, lo dicevamo, non erano gialle ma bianche nel bozzetto originale) erano i colori della bandiera del neonato Stato d'Israele. Quel vessillo sventolò la prima volta nel 1891, a Boston, sulla sede della "Società Educativa Israelitica" e si ispirava allo scialle a strisce usato dagli ebrei per la preghiera. Nel 1897, alla Conferenza di Basilea, fu adottato come simbolo dell'Organizzazione Sionista Mondiale, divenendo poi nel 1948 la bandiera della repubblica di Israele. In una prospettiva di fede è felicemente simbolica questa unione di richiami cristiani ed ebraici: la donna di Nazareth, in effetti, è la "Figlia di Sion" per eccellenza, è il legame tra Antico e Nuovo Testamento, è colei nel cui corpo si realizza l'attesa messianica. Anche il numero delle stelle sembra collegare strettamente le due fedi: dodici sono i figli di Giacobbe e le tribù di Israele e dodici gli apostoli di Gesù. Dunque, il giudeo-cristianesimo che ha costruito il Continente unito in uno stendardo.

Sta di fatto che alcuni anni dopo la conclusione del concorso d'idee, nel 1955, il bozzetto di Heitz fu adottato ufficialmente come bandiera della nuova Europa. Tra l'altro, a conferma dell'ispirazione biblica e al contempo devozionale del simbolo, il pittore riuscì a far passare una sua tesi, che fu fatta propria dal Consiglio d'Europa. Ci furono critiche, infatti, visto che gli Stati membri erano all'epoca soltanto sei: perché, allora, dodici stelle? La nuova bandiera non doveva rifarsi al sistema della Old Glory, lo stendardo degli Usa, dove ad ogni Stato federato corrisponde una stella?

Arsène Heitz riuscì a convincere i responsabili del Consiglio: pur non rivelando la fonte religiosa della sua ispirazione per non creare contrasti, sostenne che il dodici era, per la sapienza antica, "un simbolo di pienezza" e non doveva essere mutato neanche se i membri avessero superato quel numero. Come difatti avvenne e come ora è stato stabilito definitivamente dalla nuova Costituzione. Quel numero di astri che, profetizza l'Apocalisse, fanno corona sul capo della "Donna vestita di sole" non sarà mai mutato.

Per finire con un particolare che può essere motivo di riflessione per qualche credente: la seduta solenne durante la quale la bandiera fu adottata si tenne, lo dicevamo, nel 1955, in un giorno non scelto appositamente ma determinato solo dagli impegni politici dei capi di Stato. Quel giorno, però, era un 8 dicembre, quando cioè la Chiesa celebra la festa della Immacolata Concezione, la realtà di fede prefigurata da quella Medaglia cui la bandiera era ispirata. Un caso, certo, per molti. Ma forse, per altri, il segno discreto ma preciso di una realtà "altra", in cui ha un significato che per almeno mille anni, sino alla lacerazione della Riforma, proprio Maria sia stata venerata da tutto il Continente come "Regina d'Europa".

11 gennaio 2007

Intervista a Paolo De Coppi

«La mia scoperta nata rispettando l'embrione»

di Elisabetta Del Soldato (L'Avvenire - 11/1/2007)

Sono stati tre giorni di fuoco per Paolo De Coppi, il ricercatore italiano che ha scoperto per la prima volta nel liquido amniotico cellule staminali con capacità rigenerative simili a quelle dell’embrione. Da quando, lunedì scorso, la sua ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Nature Biotechnology, che ne ha ufficializzato i risultati, il suo telefono non ha più cessato di squillare un secondo. «Non vedo l’ora che sia tutto finito – sorride –. Il mio è un lavoro che richiede concentrazione e al momento è assolutamente impossibile trovare un attimo di pace...». De Coppi, veneto di Santa Lucia di Piave, un paesino vicino a Conegliano, 35 anni ancora da compiere, una moglie avvocato e due figlie di quattro anni e un anno e mezzo, vive a Londra dove sta svolgendo il doppio ruolo di primario chirurgo e di ricercatore nell’ospedale pediatrico più famoso d’Europa, il Great Ormond Street. Un posto che, data la sua giovane età, non potrebbe avere in Italia ma che gli sta permettendo di accumulare esperienze che poi importerà in Italia, dov’è intenzionato a tornare. Prima di Londra, nel 2000, De Coppi era approdato alla Harvard University di Boston, e precisamente nel laboratorio di Anthony Atala, il coordinatore dello studio che ha portato alla scoperta, oggi residente alla Wake Forest University di Winston Salem. È a Boston che il ricercatore italiano aveva cominciato a lavorare sulle malformazioni fetali.

Dottor De Coppi, perché la necessità di lasciare l’Italia?
In realtà non mi sento di aver "lasciato" l’Italia. In questi giorni hanno scritto che sono fuggito, ma non è affatto così. A Londra sto svolgendo un’esperienza di tre anni e in questo periodo ho intenzione di tornare spesso a Padova dove un gruppo di miei colleghi – tredici, per la precisione – stanno portando avanti le ricerche che abbiamo cominciato insieme nel campo delle staminali. Devo sottolineare che non mi piace che questa scoperta delle staminali nel fluido aminiotico sia stata così personalizzata. Il mio è stato e continua a essere un lavoro di équipe. Voglio citare soprattutto Laura Perin, padovana, che attualmente lavora a Los Angeles, e la mia alter ego, Michela Pozzobon, che sta portando avanti il lavoro a Padova. Senza di loro questa scoperta non sarebbe stata possibile. Inoltre ribadisco che la mia non è stata una fuga: il problema è che in Italia non arrivano gli stranieri e che noi spesso siamo costretti ad accettare posti all’estero per portare avanti ricerche che da noi non sarebbero finanziate. Qui al Great Ormond Street, per esempio, siamo di tante nazionalità: il bello è che lavoriamo con persone selezionatissime da tutto il mondo.

Cosa l’ha spinta a scegliere la strada della ricerca sulle cellule staminali?
Una forte determinazione. Mia moglie spesso dice che sono duro come un coccio, e penso che abbia ragione. Vengo dalla campagna, non ci sono professori nella mia famiglia. Alla facoltà di Medicina a Padova fui molto ispirato da un grande medico, il professor Guglielmi. Più tardi mi sono appassionato alle malformazioni del feto mentre in me cresceva l’idea di trovare un’alternativa alla chirurgia fetale, perché può essere pericolosa sia per il bambino sia per la madre. L’idea di partenza che ho sviluppato con Atala era quella di guardare nel liquido aminiotico per vedere se, oltre alle cellule già differenziate usate abitualmente per la diagnosi prenatale, vi fossero anche cellule staminali isolabili e utilizzabili per crescere tessuti da usare dopo la nascita del bambino malato. Trovate le cellule, le abbiamo studiate scoprendo che si comportavano in maniera simile a quelle embrionali. Da quel momento abbiamo lavorato per dimostrare che si trattava di cellule staminali valide: un lavoro che è durato ben sette anni.

La sua ricerca può ora sostituire quella nelle cellule staminali embrionali?
Le cellule staminali trovate nel liquido amniotico sono diverse da quelle embrionali. Le cellule embrionali sono molto importanti, ma personalmente, per le mie convinzioni etiche e religiose, non ho intenzione di usare embrioni per fare ricerca. Rispetto gli embrioni perché gli embrioni sono vita umana. Ricordo inoltre che per la ricerca si possono usare linee cellulari preesistenti ottenute da cellule ed embrioni morti, ma è un territorio questo molto controverso nel quale non intendo addentrarmi.

La sua ricerca è stata osannata da molti soprattutto perché eviterebbe il sacrifico di embrioni a fini scientifici. Lei ha parlato apertamente di scelta etica. È vero però che anche estraendo il liquido amniotico si mette a rischio la vita di un bambino: le statische parlano di un feto su cento...
Sono cosciente di questo rischio e sono felice che finalmente venga sollevata l’obiezione. È vero: estrarre il liquido amniotico può essere rischioso. Ma la ricerca condotta assieme ad Atala dimostra che è possibile trovare cellule staminali anche nella placenta: in questo caso i rischi vengono completamente azzerrati.

Come mai non si è ancora parlato delle staminali della placenta?
Perché finora la ricerca si è concentrata sul liquido amniotico mentre le cellule della placenta devono ancora essere studiate a fondo. Ma già sappiamo che le probabilità di riuscita sono alte.

Come vede il rapporto tra scienza ed etica?
Personalmente credo sia importante che interagiscano. Prendiamo per esempio la matematica: la speculazione teorica non ha limiti, ma se la conoscenza viene usata per costruire una bomba allora deve entrare in campo l’etica e stabilire priorità. Non mi reputo però uno specialista di etica....

Quale rapporto esiste tra la sua fede e il lavoro di ricercatore?
Un rapporto ottimo. Sono credente, cattolico praticante, e non ho mai considerato la mia fede un ostacolo. Tutt’altro: è stata proprio la mia fede a spingermi in questo settore. È stata la mia fede che mi ha chiesto di trovare alternative alla ricerca sulle cellule degli embrioni. La fede per me è una ricchezza, non certo un ostacolo.

Lei spesso viene chiamato a operare d’urgenza. Come riesce a conciliare il suo lavoro di medico con le esigenze della ricerca e, ora, la pressione dei media di tutto il mondo?
È molto difficile. Da una parte sono felice e mi sento estremamente fortunato, dall’altra in questi giorni mi sembra di aver perso il contatto con la realtà. Per fare il lavoro che sto svolgendo al Great Ormond Street sono necessari tanta concentrazione e dedizione. E in questo momento non è possibile perché sono al centro dell’attenzione. Un grande rammarico è che la scoperta delle staminali nel liquido amniotico sia uscita così improvvisamente dopo che ne parlavamo da molto tempo. Purtroppo c’è voluta l’autorità di una rivista americana come Nature Biotechnology per rendere uno studio così importante degno di essere reso di pubblico dominio.

Embrioni...

Definiti nelle prime 24 ore

In nessun momento siamo massa informe

Marina Corradi (L'Avvenire - 11/1/2007)

Il "progetto" di un embrione è già definito 24 ore dopo il concepimento. Quando lo zigote, la prima cellula nel nuovo organismo, si è moltiplicata appena due volte, già ha un asse che resterà riconoscibile nell'asse di sviluppo dell'individuo. E già è definito esattamente da quali cellule si svilupperà la nuova creatura, e quali invece formeranno la placenta.
Lo afferma una ricerca dell'Università di Cambridge - anticipata da «Nature» - che dopo lunghi studi sugli embrioni dei topi contraddice quella che era fino a pochi anni fa convinzione generale dell'embriologia: e cioè che per diversi giorni dopo il concepimento l'embrione sia semplicemente una massa informe di cellule, destinate a una differenziazione solo dopo l'annidamento nell'utero materno.
Il lavoro potrebbe avere delle ripercussioni sulla ricerca con le staminali, e anche sulla medicina prenatale. Una "differenziazione" cellulare così precoce porrebbe il problema di quei prelievi tendenti a accertare malattie genetiche ereditarie, che vengono effettuati quando l'embrione si è moltiplicato a otto cellule. Benché sia conosciuta la "flessibilità" dell'embrione nei suoi primi stadi, il dubbio che insorge è che si debba prestare attenzione a "quali" di queste cellule vengono prelevate.
Ma, al di là delle conseguenze pratiche, l'annuncio di Cambridge assume un altro valore: nei mammiferi, e dunque nell'uomo, l'embrione non è, nemmeno nelle primissime duplicazioni, massa amorfa, non è materia grezza in attesa di essere organizzata. Non è "cosa", ma - fin dal principio - disegno. Già 24 ore dopo i compiti sono stabiliti, la mappa del nuovo individuo segnata e, diremmo anzi, scritta.
Addirittura si fa l'ipotesi che il punto stesso della penetrazione dello spermatozoo nell'ovocita "indirizzi" lo sviluppo dell'organismo. Quel punto infinitesimale nel buio non cadrebbe dunque dove vuole, nella casualità di una natura cieca. Invece, si tratterebbe di un luogo preciso, come voluto - quello e non un altr o, perché già da tale particolare inclinazione nella sfera dello zigote verrebbe la prima traccia del nascituro. «C'è la memoria della prima scissione cellulare, nella nostra vita», ha scritto commentando un lavoro precedente Magdalena Zernicka-Goetz, autrice del lavoro pubblicato da «Nature».
La memoria di una impronta originaria, diversa da ogni altra fin dal primo giorno. In nessun momento un uomo uguale alla pura materia, o indistinguibile da ogni altro suo simile. Già nell'oscurità profonda dell'inizio, un disegno unico, mai ripetuto né più ripetibile. Quattro cellule e dentro, pronto a dispiegarsi, il cervello, le mani, gli occhi di un figlio.
Gli uomini, in questo buio di cui ancora sanno così poco vanno a mettere le loro mani orgogliose: tolgono, manipolano, selezionano. Come se fosse "roba". Come se fosse un niente. Mentre c'è tutto, lì dentro, nascosto in un microscopico infinito: un altro uomo, dunque un mondo intero.
C'è una scienza, oggi, che dopo la pretesa arrogante comincia a dirci: eppure, il primo giorno già c'è un disegno. Commuove, una scienza capace di essere così grande, e umile insieme. Ma che già tutto fosse scritto, il primo giorno e, crediamo anzi, fin dal primo istante, altri uomini l'avevano intuito. «Non ti era occulto il mio essere/ allorché io fui formato nel segreto/ ed ero intessuto nelle profondità della terra», cantava un ignoto salmista ebreo, forse tremila anni fa.

09 gennaio 2007

Impegno per la pace

Il Papa: contro la fame nel mondo cambiare i modelli dell’economia

«Le Nazioni più ricche prendano i provvedimenti perché Paesi poveri, spesso pieni di ricchezze naturali, possano beneficiare dei frutti dei beni che appartengono loro»
«L’avvenire potrà essere sereno se lavoriamo insieme per l’uomo Solo rispettandola persona umana è possibile promuovere veramente la pace»

Da Roma Mimmo Muolo (L'Avvenire - 9/1/2007)

Davanti agli ambasciatori dei cinque continenti - come su un ideale planisfero steso al centro della spaziosa Sala Regia del Palazzo Apostolico - Il Papa fissa con il suo discorso le «bandierine» delle priorità mondiali. Tocca nervi scoperti («lo scandalo della fame» e «le disfunzioni dell'economica mondiale», il terrorismo, il no al riarmo, convenzionale o nucleare che sia, i diritti umani e la libertà religiosa, la difesa della vita e della famiglia, l'aiuto allo sviluppo), indica situazioni di sofferenza e di guerra (Darfour, Corno d'Africa, Colombia), oppure di pericolo per la pace (Corea, Afghanistan, Sri Lanka, Medio Oriente), passa in rassegna situazione continentali o regionali (Cuba, ad esempio). E alla fine è come se prendesse per mano i membri del Corpo diplomatico e li conducesse davanti alla Grotta di Betlemme. «L'avvenire potrà essere sereno se lavoriamo insieme per l'uomo», afferma. Quell'uomo, «creato ad immagine di Dio», che «possiede una dignità incomparabile», tanto che «Dio non ha esitato a donare per lui il proprio figlio». «Solo rispettando la persona umana - ricorda, infatti, Benedetto XVI - è possibile promuovere la pace». E perciò declina l'affermazione in tutte le situazioni via via affrontate.
Lotta alla fame e riequilibrio dell'economia mondiale. Entra subito in argomento, il Pontefice, dopo il saluto del decano del Corpo diplomatico, l'ambasciatore di San Marino, Giovanni Galassi. Come aveva ricordato poco prima, l'incontro di inizio d'anno, pur tradizionale, «non è una semplice formalità». E dunque agli ambasciatori accreditati - sono attualmente 175 gli stati che intrattengono rapporti diplomatici con la Santa Sede (ultimo in ordine tempo il Montenegro, che si è aggiunto all'elenco lo scorso 16 dicembre), più le Comunità Europee, il Sovrano Ordine Militare di Malta e due missioni speciali: la Federazione Russa e l'Olp - Papa Ratzinger parla innanzitutto dello «scandalo della fame, che tende ad aggravarsi». E ciò, a ggiunge, «è inaccettabile in un mondo che dispone dei beni, delle conoscenze, e dei mezzi per porvi fine». Di qui il suo appello a eliminare «le cause strutturali delle disfunzioni dell'economia mondiale» e a «correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell'ambiente e uno sviluppo umano integrale». Cancellazione del debito estero, possibilità per i Paesi poveri di beneficiare dei loro beni e aiuto allo sviluppo che raggiunga l'0,7% del Pil dei Paesi sviluppati, alcune delle misure specifiche indicate dal Pontefice. Il quale ricorda anche le crisi umanitarie e il fenomeno migratorio («illusorio pensare che possa essere controllato» con la forza) e sottolinea la necessità di non andare verso un aumento delle spese militari.
Vita, famiglia e diritti umani. Preoccupato dei «continui attentati alla vita, dal concepimento alla morte naturale», degli attacchi alla famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, e da una ricerca scientifica senza limiti («i tentativi di legittimare la clonazione umana»), Benedetto XVI punta l'indice contro il Protocollo di Maputo (di cui parliamo a parte), come tentativo di «banalizzare surrettiziamente l'aborto» e chiede che il Consiglio dei Diritti dell'Uomo, costituito in sede Onu, imperni «la sua attività verso la difesa e la promozione dei diritti fondamentali della persona, in particolare il diritto alla vita e alla libertà religiosa».
Le piaghe dell'Africa. «Non dimentichiamo l'Africa e le sue numerose situazioni di guerra e di tensione», ripete Papa Ratzinger, che invita ad «agire con determinazione» per risolvere il dramma del Darfour, fa appello al negoziato per la grave situazione del Corno d'Africa (ricordato anche il sacrificio di Suor Leonella Sgorbati), denuncia la piaga dei bambini soldato in Uganda e si augura che proceda il processo di pacificazione nella regione dei Grandi Laghi. Il grazie del Papa va a quanti si impegnano per lo sviluppo del Continente.
Le speranze dell'America Latina. Benedetto XVI si recherà in Brasile a maggio. E del continente latinoamericano nota le luci («il miglioramento di alcuni indici economici, l'impegno nella lotta contro il traffico di droga e contro la corruzione, i diversi processi di integrazione, gli sforzi per migliorare l'accesso all'educazione, per combattere la disoccupazione e per ridurre le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi») e le ombre (la situazione della Colombia, ad esempio). Rivolge poi un appello a Cuba («il mondo si apra a Cuba e Cuba al mondo») e mette in guardia dal pericolo che una democrazia senza valori «si trasformi nella dittatura del relativismo».
Lo sviluppo dell'Asia. Il Papa sottolinea la crescita economica di India e Cina, ricorda l'ingresso del Vietnam nel Wto, auspica la denuclearizzazione della penisola coreana, e deplora l'aumento di violenza in Afghanistan e Sri Lanka. Per le «piccole ma vivaci» comunità cattoliche asiatiche chiede libertà religiosa, assicurando che esse intendono contribuire allo sviluppo della società.
Medio Oriente. «Fonte di grandi inquietudini», questa regione ha bisogno di pace. «Le soluzioni militari non conducono a nulla», ricorda il Papa. Occorrono soluzioni negoziate. E «in modo particolare, i Libanesi hanno diritto a vedere rispettata l'integrità e la sovranità del loro paese; gli Israeliani hanno il diritto di vivere in pace nel loro Stato, i Palestinesi hanno il diritto ad una patria libera e sovrana». Benedetto XVI auspica inoltre che l'Iran, accetti «una risposta soddisfacente alle preoccupazioni legittime della comunità internazionale». E che in Iraq si ponga fine alle «spaventose violenze».
Le radici dell'Europa. Lo sguardo al Vecchio Continente chiude il discorso. Salutato l'ingresso di Romania e Bulgaria nell'Ue, il Pontefice sottolinea che «non si può prescindere dall'innegabile patrimonio cristiano dell'Europa». Alla quale augura stabilità (a partire dai Balcani), pace (soprattutto per i diversi «conflitti congelati») e soluzione per le «tensioni ricorrenti». Prima tra tutte quella attualissima riguardo alle risorse energetiche.

08 gennaio 2007

Cellule staminali

L'opinione dell'esperto italiano, Carlo Alberto Redi
«Una speranza per superare lo scoglio etico»

ROMA - Apre una speranza concreta di superare il grande scoglio della ricerca sugli embrioni, la scoperta di cellule staminali embrionali nel liquido amniotico pubblicata su Nature Biotechnology: ne è convinto Carlo Alberto Redi, direttore del Laboratorio di biologia dello sviluppo dell'università di Pavia e direttore scientifico del Policlinco San Matteo di Pavia. Il risultato pubblicato oggi, ha osservato l'esperto, è il frutto di una sperimentazione molto lunga e che si basa su dati molto consistenti. «È una ricerca che testimonia come la biologia cellulare stia mantenendo tutte le promesse, compiendo passi in avanti ogni giorno», ha aggiunto. Poter prelevare cellule staminali embrionali nel liquido amniotico significa avere a disposizione una quantità di cellule tale da coprire tutti i tipi immunologici. «Questo significa - ha detto ancora - che basterebbe una banca di 100.000 campioni di liquido per l'intera popolazione mondiale. Potremmo dire che a questo punto la medicina rigenerativa può superare grandi sfide». Il risultato pubblicato oggi, ha proseguito, «è anche un esempio di come la comunità scientifica si stia organizzando per superare lo scoglio della ricerca sugli embrioni». Un risultato, ha concluso Redi, che induce a «guardare con ottimismo ai prossimi anni» e a ricordare che la biologia delle cellule staminali è uscita dai laboratori appena dieci anni fa: «è un aspetto che i decisori politici dovrebbero considerare, assegnando finanziamenti adeguati».
(Corriere della Sera - 8/1/2007)

A questi punti, si potrebbe smettere di sterminare migliaia di esseri umani o di utilizzarli come cavie, visto che non è necessario neanche ai fini di ricerca. Tra l'altro questa non è che sia una grande novità, dato che già si sapeva che le staminali si trovano, per esempio, anche nel cordone ombelicale, e che basterebbe raccoglierli invece di buttarli via. Staremo a vedere...

06 gennaio 2007

Firenze bottegaia


Botteghe di antiquari,
botteghe di artigiani,
botteghe dove trovi solo cose fatte qua.
Botteghe di argentieri
di cose di oggi o ieri
create dagli stessi che hanno fatto la città.
Botteghe dove i vecchi
svelavano ai ragazzi
segreti ereditati da un'antica civiltà,
botteghe di una volta che ora non son più..
l'avessi conosciute pure tu.

Da Gilli un buon caffe' tra specchi luci e ottoni,
la panna in via monalda succhiata coi cialdoni.
Le grappe di Donnini,
il celebre Dorè.

Ossequi donna Emma, due tè coi savoiardi
"no grazie questa sera vorrei solo due bignè"
in piazza da Revoir c'è il cioccolato caldo
ma più non c'è a cullarti la mandola di Mafaldo.

Firenze bottegaia
di quando ero bambino
e già ne andavo fiero di esser nato fiorentino.
Firenze bottegaia
che ora non è più
ti han tradito quelli che ti devono di più.

Sparito Capecchiacci
bottoni, stringhe e lacci,
esperto nelle pelli e gran mestro nel far buchi.
Ha chiuso Calderai
salumi prelibati,
caviale mascarpone
il ragù nei volavàn.
Scomparso Bruzzichelli
traballa anche il palazzo
per una scarpa nuova puoi trovarti all'aldilà.
Dov'era il bottegone c'è adesso un bar tra i tanti,
l'avessi conosciuto pure tu.
La libreria del corso vendeva un po' di fede,
Balboni in vigna nuova sfornava maddalene.
Il vecchio Settepassi ormai è un milanese.

Si sfratta l'artigiano,
si sfratta San Frediano,
i mali tuoi firenze dimmi chi li sfratterà?
Si sfratta i più gloriosi,
si sfratta anche la storia.
Se occorre dan lo sfratto anche alla vecchia di su ma'.
Firenze bottegaia
di quando eri bambino
e te ne andavi in giro fiero di esser fiorentino.
Firenze bottegaia
che ora non è più
ti han tradito quelli che ti devono di più.

Fast food alla cipolla,
cravatte al ponte vecchio,
dove la fontanella versa droga dentro al secchio.
Sfruttati dalla mala
c'è mille vucumprà
che vendon paccottiglia sparpagliati qua e la'.
Armani, Valentino
Versace poi Trussardi
son qui per dirci in coro
"fiorentino hai fatto tardi".
Firenze che vestiva
lo spirito e la mente
ora ti veste dal bellico in giù.

Son copie d'oltremare quelle botteghe che
vendavano col genio l'originalità;
siam la controfigura della fifth avenue.
Gettar tutto all'ortiche
se uno ci si ingegna
non è poi necessario ce lo ha dimostrato il Pegna.
Firenze bottegaia
per noi eri un blasone,
ed or chissà perchè ci apapri una maledizione.

Firenze bottegaia
di quando ero bambino
e già ne andavo fiero di esser nato fiorentino.
Firenze bottegaia
su diamoci del tu:
se altri ti han tradito
io ti amo ancora di più.

Firenze bottegaia
non sono più bambino
finchè me ne andrò spasso
sarò solo
fiorentino.

05 gennaio 2007

Pericolo nucleare (2)

L’INCOMBERE DI UNA DEFLAGRAZIONE NUCLEARE…

di Antonio Socci (31/12/2006)

Saddam Hussein è stato eliminato, ma la minaccia che incombe sul mondo no. Anzi, potrebbe perfino accrescere la sua pericolosità. Se ne parla poco e si conosce ancora meno: si tratta di un possibile conflitto nucleare. Sembra una mitologia da anni Sessanta o al più si pensa (con poco interesse) alla controversia in corso sul nucleare iraniano, credendo che riguardi “solo” la sicurezza dei paesi vicini (Israele per primo).

Invece non è così. La minaccia riguarda tutti ed è oggi più incombente che mai. Oggi più di dieci anni fa. A paventare (in questo inizio del 2007) una “possibile catastrofe atomica” non è un qualche opinionista apocalittico, un allarmista di professione, ma una persona pacata e razionale, l’uomo più saggio e illuminato che calca la scena mondiale: Benedetto XVI. Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace, che la Chiesa celebra il 1° gennaio 2007, esprime la sua “grande inquietudine” per “la volontà, manifestata di recente da alcuni Stati, di dotarsi di armi nucleari”. Ed ecco la “paura per una possibile catastrofe atomica. Ciò riporta gli animi indietro nel tempo” osserva il Papa “alle ansie logoranti del periodo della cosiddetta ‘guerra fredda’. Dopo di allora si sperava che il pericolo atomico fosse definitivamente scongiurato e che l’umanità potesse finalmente tirare un durevole sospiro di sollievo. Purtroppo” prosegue il Santo Padre “ombre minacciose continuano ad addensarsi all’orizzonte dell’umanità”. Il Pontefice esorta dunque a stipulare nuovi accordi internazionali per “la non proliferazione delle armi nucleari” e chiede un serio impegno per arrivare alla loro “diminuzione e al loro definitivo smantellamento”. Tuttavia, mentre lancia il suo appello accorato (“niente si lasci di intentato”), è ben consapevole del rischio imminente: “E’ in gioco il destino dell’intera famiglia umana!”.

E’ incredibile che un così autorevole allarme sia passato e passi pressoché inosservato. A parte gli addetti ai lavori, che sanno come stanno le cose e sono estremamente preoccupati, i mass media e la gente sembrano non rendersi conto. Anche il cupo segnale del maggio 2005 è stato del tutto snobbato: il fallimento a New York della settima Conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (è l’appuntamento che ogni cinque anni, dal 1970, si tiene per vigilare sull’osservanza dell’impegno sottoscritto dai Grandi di ridurre ed eliminare le armi nucleari). Il motivo del fallimento è molto semplice (e lo abbiamo già scritto su queste colonne): la situazione è fuori controllo. Gli esperti ormai rimpiangono il vecchio “equilibrio del terrore”. Oggi lo scenario è peggiore. Si è scatenata negli ultimi anni una corsa al nucleare che non ha eguali nei 50 anni precedenti. Secondo documenti ufficiali dell’Onu sono circa 40 i Paesi che già dispongono di “capacità nucleare” e fra quelli che da tempo posseggono armi nucleari vi sono Stati come l’India e il Pakistan che sono da sempre a rischio di conflitto armato.

Gli Stati Uniti – dopo l’11 settembre 2001, con la convinzione di una minaccia inedita alla propria popolazione civile – hanno preso ad investire cifre gigantesche nel riarmo. Gli altri hanno seguito. Questa corsa planetaria alle armi nucleari si somma alla scarsa manutenzione e all’ insicurezza di tanti arsenali (soprattutto dell’Est europeo), all’esistenza di organizzazioni terroristiche internazionali capaci di tutto e al commercio clandestino di ordigni atomici.

L’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti, William J. Perry di recente ha dichiarato: “Non ho mai avuto tanta paura come ora di un conflitto nucleare. Esiste una probabilità di un attacco rivolto contro obiettivi Usa nei prossimi dieci anni superiore al 50 per cento”. Non è un caso se la Russia e gli Stati Uniti hanno cominciato a teorizzare un possibile uso “limitato” di armi atomiche.

Ritengono di poterlo fare perché dispongono di nuovi ordigni dagli effetti “controllabili” che potrebbero servire a distruggere armi atomiche in costruzione da parte di regimi pericolosi, ma questo passo resta un salto nel buio. Che potrebbe avere effetti incalcolabili. Viviamo su una polveriera. Gli scenari più allarmatisici parlano di 30 mila ordigni nucleari di cui 17.500 operativi: più che sufficienti per distruggere migliaia di volte il pianeta. Ma anche se consideriamo lo scenario “meno scioccante” le cose non cambiano. I dati ufficiali dicono che gli Stati Uniti dispongono circa di 4.500 testate nucleari strategiche offensive, la Russia 3.800, infine Gran Bretagna, Francia e Cina fra 200 e 400 ciascuno (senza considerare quelle degli altri Paesi dotati di qualche centinaio di bombe nucleari). Anche se arrivassimo ad avere “solo” 3.200 testate (come sarebbe previsto dagli accordi russo-americani per il 2012) avremmo una capacità distruttiva pari a 65 mila volte (ripeto: sessantacinquemila volte) quello della bomba di Hiroshima dove morirono 200 mila persone.

Ciò che rende purtroppo possibile un grande botto della polveriera chiamata “Terra”, non è neanche il divampare di un conflitto fra Stati (sempre possibile) o un attacco terroristico, ma il caso. Sì, la casualità, l’errore, l’incidente involontario, l’equivoco. Ho già ricordato su “Libero” l’intervento dell’anno scorso su “Foreign Policy” di Robert McNamara (fu segretario alla Difesa degli Stati Uniti dal 1961 al 1968, con Kennedy e con Johnson ed è uno dei maggiori esperti mondiali di armi nucleari). Ebbene McNamara sostiene che il rischio più terribile è proprio quello: un errore nei sistemi di controllo computerizzato, un guasto a una macchina e tutto salta per aria. Impossibile? Niente affatto. Possibilissimo. C’è un’ampia e agghiacciante casistica di incidenti già accaduti nel corso dei quali la catastrofe è stata scongiurata per un soffio. Si sa che il presidente americano e quello russo – quando ricevono l’allarme di un possibile attacco atomico - devono decidere la risposta nell’arco di 20 minuti. Un pugno di uomini hanno solo pochi secondi per capire se si tratta di un falso allarme. E’ addirittura miracoloso che fino ad ora – con la quantità di incidenti accaduti – sia stato sempre evitato il peggio. Ma possiamo continuare così?

McNamara definisce ormai “inaccettabile” questo rischio perché “comunque sia, gli esseri umani possono sbagliare. E un errore commesso in simili circostanze avrebbe condotto alla distruzione delle nazioni. La conbinazione di fallibilità umana e armi nucleari comporta un rischio elevatissimo di catastrofe nucleare” (per non dire della quantità di ordigni nucleari “persi”, per incidenti vari, nei mari).

La soluzione a cui viene da pensare è una progressiva riduzione degli arsenali atomici, ma, secondo McNamara, anche sostanziose riduzioni di armi nucleari non cambierebbero nulla perché “la testata statunitense media” spiega “ha un potenziale distruttivo 20 volte superiore a quello della bomba di Hiroshima”.

Dunque c’è una sola strada. Obbligata. La totale cancellazione di armi nucleari dalla Terra. Ma oggi pare impossibile e si sta facendo l’opposto. “Siamo in un momento critico per la storia dell’umanità”, ha concluso McNamara. Il Papa grida il suo allarme, ma la gente è distratta. Una spensieratezza collettiva che deve ricordare al Santo Padre l’inquietante profezia di Gesù nel Vangelo di Luca: “Come avvenne ai tempi di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano si sposavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’Arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano…”.

Pericolo nucleare (1)

Giorni fa ho partecipato al programma di libri di Rai 1 (quello presentato da Gigi Marzullo). Mi avevano chiesto di presentare il mio ultimo volume, “Il quarto segreto di Fatima”. Naturalmente dei critici letterari presenti – chiamati a commentare le opere proposte – quasi nessuno aveva letto il mio libro. E’ stato abbastanza deprimente, anche perché alla non-lettura del libro si acconpagna la consueta ignoranza del cristianesimo e della Chiesa. Ancora maggiore dunque era l’ignoranza di Fatima. Eppure il “caso Fatima” resta – almeno per noi cattolici – qualcosa di enorme su cui continuiamo a non riflettere.
Continuiamo a essere sordi e ciechi. Che la Madre di Dio sia scesa dal Cielo all’inizio del Novecento per consegnare all’umanità e alla Chiesa – in vista di un secolo apocalittico - un messaggio di vitale importanza per la salvezza terrena e per quella eterna del genere umano, è un avvenimento così enorme che non può essere relegato nel “settore devozionale”, non può essere consegnato a chi riteniamo interessato alle apparizioni. Riguarda tutti !!! Chiunque abbia a cuore almeno se stesso o i propri figli !!!
In sostanza: o è vero o è falso ! Non ci sono vie di mezzo. E siccome la Chiesa – notoriamente molto prudente e guardinga – ha ufficialmente riconosciuto quell’apparizione, con una solennità senza eguali, ciò che la Santa Vergine ci raccomanda deve essere assolutamente e urgentemente preso sul serio. A meno che non vogliamo essere sordi come lo furono i cristiani negli anni Venti e Trenta che – non avendoLe creduto – videro verificarsi tutte le sue terribili profezie (l’avvento del comunismo, la seconda guerra mondiale, popoli interi massacrati, orrende persecuzioni alla Chiesa…).
Ad oggi deve ancora verificarsi la terza parte del Segreto: quella della visione rivelata dalla Chiesa nel 2000 (la città in rovina cosparsa di cadaveri, il martirio di un Papa con tanti vescovi e fedeli). Che quella visione terrificante (che fa pensare a uno scenario da guerra mondiale) non corrisponda all’attentato al Papa del 1981 possiamo dirlo in quanto il card. Ratzinger dichiarò che la Chiesa non ne dava nessuna interpretazione ufficiale. Possiamo dirlo inoltre perché una montagna di indizi inducono a pensarlo (li ho esposti nel mio libro). Infine perché la stessa suor Lucia nella lettera al Papa del 1982 (l’anno dopo l’attentato) scriveva esplicitamente “se non constatiamo ancora la consumazione completa del finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi”. A questo si aggiunga la parte del terzo segreto non ancora rivelata (la cui esistenza documento nel libro) che dovrebbe essere ancora più scioccante.
L’anno che si apre – il 2007 – è il 90° anniversario delle apparizioni di Fatima. Forse è il caso di tornare all’accorato appello della Madonna e al suo invito ad affidarsi al Suo Cuore Immacolato. Gli eventi di questi mesi infatti inducono a pensare che sia l’unico rifugio sicuro…
Un augurio a tutti che questo anno ci faccia accorgere della presenza di Lei fra noi…Infatti la Vergine stessa disse, apparendo nel 1830 a santa Caterina Labouré: “Il momento verrà, il pericolo sarà grande, si crederà tutto perduto. Allora io sarò con voi”

Antonio Socci (31/12/2006)

P.S. Tutto quello che abbiamo detto trova conferma a Medjugorje che sembra l’estrema prova di appello che la Vergine ha ottenuto per salvare l’umanità…

Medjugorje

Messaggio del 25 dicembre 2006 (Commento)
Cari figli, anche oggi vi porto in braccio il Neonato Gesù. Egli che è il Re del cielo della terra, Egli è la vostra pace. Figlioli, nessuno vi può dare la pace come Lui che è il Re della pace. Per questo adorateLo nei vostri cuori, scegliete Lui e in Lui avrete la gioia. Egli vi benedirà con la sua benedizione di pace. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggio del 2 gennaio 2007 ( Mirjana )
Cari figli, in questo tempo santo pieno delle grazie di Dio e del suo Amore che mi manda a voi, vi prego di non avere il cuore di pietra. il digiuno e la preghiera siano le vostre armi per conoscere e avvicinarvi a Gesù, mio Figlio. Seguite me, il mio esempio luminoso, vi aiuterò, sono accanto a voi, vi ringrazio. Per tutto il tempo, il viso della Gospa è stato doloroso e triste. Si è poi fatto serio quando ha sottolineato l'importanza della benedizione del sacerdote e ha chiesto di pregare e digiunare per tutti i sacerdoti.