13 marzo 2007

Darfur

IL RAPPORTO
Resta sempre in sospeso l’idea di una forza di interposizione dell’Ua. I vertici sudanesi non sono mai andati oltre un «sì» di principio, mai tramutatosi in realtà

L’Onu: «Sudan mandante dei crimini nel Darfur»

Il governo di Khartum orchestra ancora i massacriUn rapporto di sei esperti condanna il regime di al-Bashir e chiede al Consiglio di sicurezza di varare «misure urgenti» per proteggere i civili

Di Paolo M. Alfieri (Avvenire 13/3/2007)

«Il governo del Sudan ha chiaramente fallito nel suo compito di proteggere la popolazione del Darfur da crimini compiuti su larga scala. Ha anzi esso stesso orchestrato questi crimini, partecipando anche alla loro esecuzione». L'ennesimo durissimo atto d'accusa contro il regime sudanese in relazione al conflitto in corso nel Darfur è giunto ieri a Ginevra all'attenzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Autori di un dettagliato rapporto, lungo trentacinque pagine, sono sei diplomatici ed esperti di diritti umani, appositamente incaricati lo scorso dicembre dallo stesso Consiglio nel corso di una sessione di emergenza sul Darfur, chiesta dall'allora Segretario generale Kofi Annan. «La situazione del Darfur è caratterizzata da gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani e delle leggi internazionali», si legge nel documento, che chiama in causa il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, perché intraprenda «misure urgenti» sia per quanto riguarda la protezione dei civili che per il dispiegamento di un contingente di peacekeeping nella regione. «Dovrebbero essere pienamente applicate tutte le risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell'Onu e dal Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana - scrivono gli esperti - comprese quelle che impongono il divieto di circolazione e il congelamento dei beni e delle risorse economiche di quanti commettono tali violazioni». La squadra che ha redatto il rapporto, guidata dal premio Nobel per la pace Jody Williams, non ha ottenuto da Khartum i visti necessari per l'accesso nel Darfur. Nonostante ciò gli esperti hanno compiuto diverse missioni nel Ciad, dove sono accampati oltre duecentomila dei due milioni di profughi fuggiti dalle violenze in corso ormai da quattro anni nell'Ovest del Sudan. «Il principale schema adottato nella regione è quello di una violenta campagna di contro-guerriglia lanciata dal governo del Sudan in collaborazione con le milizie janjaweed, che colpiscono sop rattutto i civili», si legge ancora nel documento, che cita anche gli abusi compiuti dalle forze ribelli locali. Il governo di Khartum viene peraltro accusato di arresti e detenzioni arbitrarie, nonché di aver fatto ricorso all'arma dello stupro di massa. Sulla base del rapporto reso pubblico ieri, i membri europei del Consiglio per i diritti umani, organismo creato lo scorso anno e composto dai rappresentanti di quarantasette Stati, starebbero preparando una mozione di censura contro il Sudan, ma il provvedimento potrebbe essere bloccato da diversi Paesi africani e arabi. Appena due settimane fa la drammatica situazione della regione sudanese è stata tratteggiata con toni simili dal procuratore della Corte penale internazionale, che ha chiesto l'incriminazione dell'ex segretario di Stato agli Interni del governo sudanese, Ahmed Haroun, e di un capo janjaweed, Ali Kosheib, per le loro responsabilità nei crimini commessi nella regione. Khartum, andando contro ogni rapporto internazionale, continua a negare però ogni responsabilità nella crisi in corso, i cui numeri (oltre duecentomila morti) sarebbero «ingigantiti dai media occidentali». Qualche giorno fa è stato lo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, a chiedere con una lettera al presidente sudanese, Omar Hassan al-Bashir, di accettare una forza internazionale nel Darfur. Il piano prevede una missione "ibrida" di ventimila uomini gestita in maniera congiunta dall'Onu e dall'Unione africana. L'uomo forte di Khartum non è mai andato oltre un «sì di principio» alla proposta delle Nazioni Unite. Diversa la posizione di Salva Kiir Mayardit, vice-presidente e leader del movimento sudista Splm, che si è unito alla richiesta della comunità internazionale per l'invio rapido di una forza di pace nel Darfur. Ma è il parere di al-Bashir a contare, e attualmente, da parte sua, sembra non ci siano aperture in vista.

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