24 febbraio 2006

persecuzioni

Nel rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre, l’inquietante documentazione delle discriminazioni contro i cristiani. Violenze e vessazioni in Cina e nei Paesi islamici, assassini di religiosi in Sudamerica. E l’insidia di nichilismo e laicismo in Occidente
La Croce nel mirino delle intolleranze
«Quello che abbiamo raccontato rappresenta soltanto la punta dell’iceberg». Ogni anno si risponde a settemila richieste di aiuto

Da Parigi Daniele Zappalà (da l'Avvenire del 24-2-2006)

Il martirio di don Andrea Santoro in Turchia e le violenze anticristiane degli ultimissimi giorni non vengono citati. Ma non è certamente una distrazione di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs), l'associazione pubblica universale della Chiesa cattolica sotto il cui emblema è stato presentato ieri a Parigi l'inquietante rapporto annuale «Persecuzioni anticristiane nel mondo». Semmai, si tratta dell'ennesima riprova che i libri cartacei debbono andare prima o poi in stampa, mentre il libro reale delle persecuzioni continua ad allungarsi ogni giorno per effetto della violenza e dell'odio che ai quattro angoli del globo non risparmiano i testimoni del Vangelo.
Il rapporto di Acs cerca di offrire un'istantanea di quanto è avvenuto nel 2005 nei vari continenti, con la doverosa premessa che quanto viene riportato «rappresenta solo la punta dell'iceberg, probabilmente solo l'1% o ancora meno del totale delle violenze fisiche, o di quelle intangibili ma non per questo meno insidiose contro i cristiani», sottolinea Thomas Grimaux, il curatore francese del volume.
Ma già solo la punta dell'iceberg appare terrificante, tanto le persecuzioni sono diffuse e diverse nelle loro forme: dagli assassini di religiosi soprattutto in Paesi come la Colombia, il Brasile, il Kenya, la Repubblica democratica del Congo o l'India, fino alle profanazioni di luoghi sacri che si moltiplicano oggi nel cuore dell'Europa e dell'Occidente. Accanto alle persecuzioni sanguinose o dall'immediato effetto distruttivo, il rapporto sottolinea anche quelle «subdole» che aggrediscono quotidianamente, talora con un'evidente volontà di stritolamento, la libertà di professarsi cristiani. Entrano in gioco, così, forme di discriminazione a livello amministrativo, fiscale, giuridico o sociale. A Khartum, nel Sudan islamista, un cristiano può trovarsi di fronte a brutali diktat intimidatori del tipo «rinnega la tua fede e avrai questo lavoro». In Pakistan, i battezzati possono venire stigmatizzati ed esclu si dalla ristretta cerchia familiare. Per i missionari il rilascio di un visto d'ingresso può diventare un'impresa in molti Paesi. Ma anche in quegli Stati che teoricamente garantiscono a tutti nella propria Costituzione e nel proprio funzionamento ordinario la libertà religiosa, i cristiani e i simboli della fede cristiana possono lo stesso divenire il capro espiatorio di gruppi settari votati a una cultura della morte, di amministrazioni pervase da un laicismo aggressivo, di forme di vilipendio mediatico tollerate con crescente leggerezza dai poteri pubblici. Si va dai crocifissi rimossi in Germania negli uffici locali in cui si insediano amministratori "allergici" alla fede, ai raid di gruppi satanici contro chiese e cimiteri, in crescita ad esempio in Francia e in altri Paesi europei.
Fra gli Stati dove professarsi cristiani rappresenta un rischio mortale - tanto la libertà di culto è di fatto inesistente - compaiono la Cina comunista, il «buco nero» Corea del Nord e quel Vietnam dove i numerosi cattolici (7% della popolazione) sono «molto sorvegliati» e «minacce ed attacchi provenienti da una parte del clero buddista sono regolarmente denunciati». Analogo discorso per Paesi o aree dove i cristiani vivono costantemente sotto la spada di Damocle del fondamentalismo islamico, soprattutto fuori dal tessuto urbano: dall'Afghanistan a quel piccolo angolo teoricamente dell'Unione europea che è il Nord di Cipro occupato di fatto dalle truppe turche; dalla Penisola arabica fino alle vaste aree settentrionali della Nigeria da anni costantemente nel sangue - fino alle spaventose violenze in corso anche in queste ore - dove i governatori locali cercano di imporre la legge coranica anche ai non musulmani, in flagrante violazione della Costituzione federale.
Islamismo, comunismo, fanatismo indù e buddista in Asia ma anche le nuove metamorfosi del nichilismo nelle società «avanzate» rappresentano secondo il rapporto i quattro grandi poli da cui giungono le principal i minacce verso la Chiesa. In zone dove le croci erette spesso in tempi anche remoti di armonia e tolleranza interreligiosa, vengono oggi brutalmente strappate e abbattute. E si ritrovano da sole a terra come quella, fotografata in un cimitero profanato del Kosovo, che fa da copertina al rapporto.
Nel 2005, la barbara uccisione di 25 religiosi - fra cui tre italiani, monsignor Luigi Locati, l'abate Giuseppe Bessone e padre Angelo Redaelli - ha drammaticamente allungato lo stesso martirologio a cui è appena venuto ad aggiungersi il nome di don Andrea. La Mongolia, Taiwan o il Mali rappresentano alcuni degli esempi positivi citati nel rapporto che mostrano come l'intolleranza verso le minoranze cristiane anche più esigue possa essere sempre evitata, se esiste la volontà di farlo. Ma l'Acs, fondata alla fine della Seconda guerra mondiale dal monaco tedesco Werenfried van Straaten, risponde ogni anno a circa 7 mila richieste di aiuto di cristiani in pericolo in tutto il mondo. Anche più vicino di quanto spesso si creda, «gli atti di persecuzione sanguinosi o subdoli sono in aumento e rischiano di crescere ancora, se non saremo vigilanti», ha sostenuto ieri Grimaux con le sue tristi cifre in mano.

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