06 giugno 2007

Pio XII, stop alla leggenda nera

L’intervento del Segretario di Stato Bertone ieri a Roma: «L’emergere di un giudizio negativo su Pacelli coincide con la nascita dello Stato d’Israele. Incomprensibile l’accusa di non essere intervenuto come dovuto per gli ebrei perseguitati»

Pio XII, stop alla leggenda nera

Lo storico Andrea Riccardi: «Il Laterano venne trasformato in un grande rifugio».
Giulio Andreotti: «Dovette far fronte a una serie di situazioni molto difficili»

Da Roma Giovanni Ruggiero (Avvenire - 6/5/2007)

Altre pagine, man mano che cadono i segreti degli archivi, sono scritte per sfatare, con i fatti e non con i miti, la leggenda nera di Pio XII. Andrea Tornielli, giornalista vaticanista, ne scrive oltre seicento attingendo per la prima volta all'Archivio della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari e, soprattutto, all'archivio privato della famiglia Pacelli. La sua biografia di questo Papa (Pio XII. Un uomo sul trono di Pietro, edito da Mondadori) è stata presentata a Roma da storici che hanno spiegato il meccanismo di confezionamento di questa leggenda e dal cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, per il quale questo falso mito ha avuto l'effetto di far dimenticare lo straordinario magistero di un Papa che fu il precursore del Concilio Vaticano II. Una congiura che rischia di «ridurre tutto il suo Pontificato alla questione sui presunti silenzi».
Di questi silenzi si è parlato. Furono veri silenzi? Il problema è proprio questo al centro del dibattito introdotto dal vicesindaco di Roma, Mariapia Garavaglia, e condotto da Bruno Vespa. Per Giulio Andreotti, che anche questo Papa ha visto da vicino, Pacelli «era di una personalità complessa che ha dovuto far fronte a una serie di situazioni molto difficili», che elencandole, potrebbero essere la preoccupazione di difendere la libertà del nostro Paese anche dopo i fatti bellici evitando la deriva per le nuove generazione verso ideologie diverse. Per lo storico Francesco Margiotta Broglio, i suoi furono silenzi eloquenti e «ridurre una personalità molto complessa e sfaccettata alla questione del silenzio non è fare un'operazione storica». La leggenda nera è antistorica, perché fonda, come poi dirà il cardinale Bertone, su quell'anacronismo che ogni storico denuncia, quando cioè si giudica la realtà di allora con gli occhi e con la mentalità di oggi.
C'è una tecnica per creare i falsi: quando lo storico usa i documenti senza rinunciare alle sue tesi di partenza. Gli americani la chiamano "serial citation", ricorda un giovane storico, Matteo Luigi Napolitano, che, invece loda Tornielli «che fa parlare le fonti da sole senza influenzare con la sua opinione quella dei lettori». Perché, dunque, la tesi del silenzio non regge? Perché, secondo Andrea Riccardi, questo Papa non si preoccupò tanto delle condanne pubbliche, «ma volle richiamare i principi, tenendo i contatti con la realtà e rischiando fino al limite», quando ad esempio il Laterano diventò una macchina clandestina enorme per salvare gli ebrei dalla persecuzione.
Questo Papa, insomma, non si preoccupò del giudizio che avrebbero dato gli storici. Lo sostiene chiaramente Bertone che, di tutti i Papi, dice: «Non parlano pensando a precostituirsi un'immagine favorevole per i posteri, sanno che da ogni loro parola può dipendere la sorte di milioni di cristiani, hanno a cuore la sorte degli uomini e delle donne in carne ed ossa, non il plauso degli storici». E così operò questo Papa che si muoveva con prudenza nell'ambito delle pubbliche denunce nell'interesse dei sofferenti stessi per non rendere più grave la loro situazione. Come del resto farà poi molti anni dopo Paolo VI nei confronti dei Paesi d'Oltrecortina, governati dal comunismo totalitario.
L'incomprensibile accusa a Papa Pacelli, per il cardinale Segretario di Stato, nasce in uno periodo storico ben preciso che va dall'agosto del 1946 all'ottobre del 1948, quando si formava lo Stato di Israele, «per non essere intervenuto come dovuto a favore degli ebrei perseguitati». In quegli stessi anni, però, Pio XII ricordò le persecuzioni di un antisemitismo fanatico scatenatosi contro il popolo ebreo (allocuzione del 3 agosto del 1946), ma anche i diritti di quanti già vivevano in Palestina e che attendevano anch'essi rispetto, attenzione, giustizia e protezione. «I giornali dell'epoca - dice il porporato - riferiscono ampiamente dello stato di tensione che in quella regione si stava manifestando ma, poiché non hanno voluto entrare n el merito dei ragionamenti e delle proposte di Pio XII, hanno cominciato a prendere posizione, chi per una parte e chi per l'altra, ideologizzando così una riflessione che si sviluppava in modo articolato ed attenta a criteri di giustizia, di rispetto, di legalità».
Bertone ricorsa Robert Kempner, magistrato ebreo e pubblico ministero al processo di Norimberga, che è il primo a riconoscere dopo l'uscita del "Vicario" di Hochhuth, che molto ha contribuito a formare la leggenda nera, che qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l'assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e di sacerdoti». Pacelli, ancora oggi, è stato definito da Hochhuth un "vigliacco demoniaco", ricorda Bertone, «mentre - aggiunge - ci sono storici fautori del pensiero unico anti-Pio XII che arrivano persino a dare del "brigatista pacelliano" a quanti non la pensano come loro osano manifestare un diverso pare su queste vicende».
Denunciare o agire? Fu questo il dilemma di Pio XII che però scelse di agire. «Non lamento, ma azione è il precetto dell'ora», compendia questa sua scelta. Bertone ricorda, ad esempio, come nel tentativo disperato di salvare più persone possibili chiese ai tedeschi che occupavano l'Italia nel 1943, di poter assumere 4.425 persone nella Guardia Palatina. Sarebbero state tutte persone strappate ai campi. È solo un episodio, ma Bertone è convinto che se gli storici indagheranno a fondo altri episodi verranno alla luce, come ad esempio la circostanza che questo Papa avesse preferito scrivere centinaia e centinaia di lettere alle persone più disparate, dove la denuncia del nazismo è ferma e il suo dolore per le vittime immenso.

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