27 marzo 2006

Mt 11,28-30

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero.

16 marzo 2006

Jesus Christ, your my life!


Jesus Christ You are my life
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Jesus Christ you are my life, alleluia, alleluia.
Jesus Christ you are my life, you are my life, alleluia.

Tu sei via sei verità
tu sei la nostra vita,
camminando insieme a te
vivremo in te per sempre.

En el gozo caminaremos
trayendo tu evangelio;
testimonios de caridad,
hijos de Dios en el mundo.

Tu nous rassembles dans l'unité
réunis dans ton grand amour,
devan toi dans la joie
nous chanterons ta gloire.

12 marzo 2006

Ultimo del Paradiso

Paradiso, Canto XXXIII





«Vergine Madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d'etterno consiglio,

tu se' colei che l'umana natura
5nobilitasti sì, che 'l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l'amore,

per lo cui caldo ne l'etterna pace

così è germinato questo fiore.
10 Qui se' a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra ' mortali,

se' di speranza fontana vivace.

Donna, se' tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre
15sua disianza vuol volar sanz'ali.

La tua benignità non pur soccorre

a chi domanda, ma molte fiate

liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,
20in te magnificenza, in te s'aduna

quantunque in creatura è di bontate.

Or questi, che da l'infima lacuna

de l'universo infin qui ha vedute

le vite spiritali ad una ad una,
25 supplica a te, per grazia, di virtute

tanto, che possa con li occhi levarsi

più alto verso l'ultima salute.

E io, che mai per mio veder non arsi

più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi
30ti porgo, e priego che non sieno scarsi,

perché tu ogne nube li disleghi

di sua mortalità co' prieghi tuoi,

sì che 'l sommo piacer li si dispieghi.

Ancor ti priego, regina, che puoi
35ciò che tu vuoli, che conservi sani,

dopo tanto veder, li affetti suoi.

Vinca tua guardia i movimenti umani:

vedi Beatrice con quanti beati

per li miei prieghi ti chiudon le mani!».
40 Li occhi da Dio diletti e venerati,

fissi ne l'orator, ne dimostraro

quanto i devoti prieghi le son grati;

indi a l'etterno lume s'addrizzaro,

nel qual non si dee creder che s'invii
45per creatura l'occhio tanto chiaro.

E io ch'al fine di tutt'i disii

appropinquava, sì com'io dovea,

l'ardor del desiderio in me finii.

Bernardo m'accennava, e sorridea,
50perch'io guardassi suso; ma io era

già per me stesso tal qual ei volea:

ché la mia vista, venendo sincera,

e più e più intrava per lo raggio

de l'alta luce che da sé è vera.
55 Da quinci innanzi il mio veder fu maggio

che 'l parlar mostra, ch'a tal vista cede,

e cede la memoria a tanto oltraggio.

Qual è colui che sognando vede,

che dopo 'l sogno la passione impressa
60rimane, e l'altro a la mente non riede,

cotal son io, ché quasi tutta cessa

mia visione, e ancor mi distilla

nel core il dolce che nacque da essa.

Così la neve al sol si disigilla;
65così al vento ne le foglie levi

si perdea la sentenza di Sibilla.

O somma luce che tanto ti levi

da' concetti mortali, a la mia mente

ripresta un poco di quel che parevi,
70 e fa la lingua mia tanto possente,

ch'una favilla sol de la tua gloria

possa lasciare a la futura gente;

ché, per tornare alquanto a mia memoria

e per sonare un poco in questi versi,
75più si conceperà di tua vittoria.

Io credo, per l'acume ch'io soffersi

del vivo raggio, ch'i' sarei smarrito,

se li occhi miei da lui fossero aversi.

E' mi ricorda ch'io fui più ardito
80per questo a sostener, tanto ch'i' giunsi

l'aspetto mio col valore infinito.

Oh abbondante grazia ond'io presunsi

ficcar lo viso per la luce etterna,

tanto che la veduta vi consunsi!
85 Nel suo profondo vidi che s'interna

legato con amore in un volume,

ciò che per l'universo si squaderna:

sustanze e accidenti e lor costume,

quasi conflati insieme, per tal modo
90che ciò ch'i' dico è un semplice lume.

La forma universal di questo nodo

credo ch'i' vidi, perché più di largo,

dicendo questo, mi sento ch'i' godo.

Un punto solo m'è maggior letargo
95che venticinque secoli a la 'mpresa,

che fé Nettuno ammirar l'ombra d'Argo.

Così la mente mia, tutta sospesa,

mirava fissa, immobile e attenta,

e sempre di mirar faceasi accesa.
100 A quella luce cotal si diventa,

che volgersi da lei per altro aspetto

è impossibil che mai si consenta;

però che 'l ben, ch'è del volere obietto,

tutto s'accoglie in lei, e fuor di quella
105è defettivo ciò ch'è lì perfetto.

Omai sarà più corta mia favella,

pur a quel ch'io ricordo, che d'un fante

che bagni ancor la lingua a la mammella.

Non perché più ch'un semplice sembiante
110fosse nel vivo lume ch'io mirava,

che tal è sempre qual s'era davante;

ma per la vista che s'avvalorava

in me guardando, una sola parvenza,


mutandom'io, a me si travagliava.
115 Ne la profonda e chiara sussistenza

de l'alto lume parvermi tre giri

di tre colori e d'una contenenza;

e l'un da l'altro come iri da iri

parea reflesso, e 'l terzo parea foco
120che quinci e quindi igualmente si spiri.

Oh quanto è corto il dire e come fioco

al mio concetto! e questo, a quel ch'i' vidi,

è tanto, che non basta a dicer 'poco'.

O luce etterna che sola in te sidi,
125sola t'intendi, e da te intelletta

e intendente te ami e arridi!

Quella circulazion che sì concetta

pareva in te come lume reflesso,

da li occhi miei alquanto circunspetta,
130 dentro da sé, del suo colore stesso,

mi parve pinta de la nostra effige:

per che 'l mio viso in lei tutto era messo.

Qual è 'l geomètra che tutto s'affige

per misurar lo cerchio, e non ritrova,
135pensando, quel principio ond'elli indige,

tal era io a quella vista nova:

veder voleva come si convenne

l'imago al cerchio e come vi s'indova;

ma non eran da ciò le proprie penne:
140se non che la mia mente fu percossa

da un fulgore in che sua voglia venne.

A l'alta fantasia qui mancò possa;

ma già volgeva il mio disio e 'l velle,

sì come rota ch'igualmente è mossa,
145 l'amor che move il sole e l'altre stelle.

11 marzo 2006

Inferno, Canto V

I' cominciai: "Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri".

75




Ed elli a me: "Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno".

78



Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: "O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!".

81




Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;

84



cotali uscir de la schiera ov'è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.

87




"O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

90



se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c' hai pietà del nostro mal perverso.

93




Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

96



Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

99




Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

102



Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

105




Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense".
Queste parole da lor ci fuor porte.

108



Quand'io intesi quell'anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: "Che pense?".

111




Quando rispuosi, cominciai: "Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!".

114



Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: "Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

117




Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?".

120



E quella a me: "Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.

123




Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

126



Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

129




Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

132



Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

135




la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".

138



Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com'io morisse.

141




E caddi come corpo morto cade.